VALERIA AGOSTI: “VI RACCONTO COME DAL NULLA ABBIAMO PORTATO IN ALTO LA PALLAMANO A SALERNO”
“Ho immaginato di dover rispondere alla domanda qual è il bello dello sport per te? La mia risposta è, senza esitazione, ciò che viene dopo, quando la carriera agonistica è conclusa! Potrebbe sembrare paradossale ma a mio avviso il sentirsi ancora atleta e parte di un gruppo, nonostante siano ormai passati molti e molti anni, ti rende consapevole e ti accorgi di quanto sia formativo lo sport e di quanto le persone che hai incontrato e le esperienze che hai fatto abbiano forgiato il tuo modo di essere e di vedere le cose”.
E’ Valeria Agosti, ex giocatrice di Pallamano, una delle bandiere di quella squadra che ha fatto avvicinare una intera città a questo sport.
Nel cammino di un’atleta di un certo spessore parte dai “sacrifici fatti negli anni dell’adolescenza, anni che poi hanno contribuito a renderti un adulto più forte e consapevole e più capace di interagire e relazionarsi in maniera positiva, un adulto resiliente insomma”.
Quando poi crei un gruppo affiatato, vero, succede che: “le compagne di squadra non ti lasciano mai: passano gli anni, i luoghi, le esperienze ma loro sono sempre li, nel bene e nel male, accanto a te; abbiamo cominciato condividendo lo spogliatoio negli anni dell’adolescenza ed oggi, da adulte, si condivide la vita oltre lo sport: per i nostri figli siamo le “zie” ed per i genitori siamo ancora come “figlie”, anche dopo anni ed anche a chilometri di distanza. Ognuna con la sua identità ma insieme siamo sempre squadra. È naturale condividere gioie e dolori, cercare e dare supporto in momenti difficili, confrontarti su decisioni importanti, cercare momenti per divertirsi insieme. Questo è senza dubbio il bello dello sport, e sfido chiunque a contraddirmi!”
La sua passione per la pallamano e il suo legame con le “amiche” di ieri e di oggi nasce quando: “Renato De Santis, il nostro storico allenatore, mi notò in un progetto scolastico: avevo 11 anni. Frequentavo la seconda media ed avevo quell’anno cambiato scuola, nella mia classe c’era una ragazza molto taciturna ma al contempo molto simpatica e con la quale legai subito, era Maria Fusco che da compagna di classe diventò compagna di squadra. Lei sembrava già una giocatrice esperta, già a quell’età aveva doti atletiche superiori alla media ed una capacità tecnico/tattica quasi naturale, tutto faceva presagire ad una sua brillante carriera e non a caso è poi diventata tra i più forti terzini italiani di quell’epoca”.
Comincia l’amicizia e quello spogliatoio di amiche vere prende forma su un campo che non ha nulla a che vedere con i palazzetti moderni: “Ci allenavamo nel campo all’aperto della scuola Alfano I, sull’asfalto, e lì conobbi quelle che sarebbero state le mie compagne di squadra e di vita dei successivi anni: Adele De Santis (sorella di Renato), Giovanna e Simona De Rosa, Rita Miranda, Anna Navarra, Carmela Pecoraro, Marta Garofalo, Romina Campione, Ombretta Terribile, Rita Coscia“.
Da questo gruppo è nata la storia di questo sport in versione salernitana: “infatti, continua Agosti, da questo gruppo è partito tutto e la pallamano a Salerno è diventato uno sport popolare. È il gruppo pioniere, che ha fatto il così detto ‘lavoro sporco’. Molte di loro non sono arrivate, negli anni belli, alla ‘ribalta delle cronache’ ma, a mio avviso, sono state altrettanto fondamentali”.
La genesi della pallamano al femminile viene scritta anche grazie ad “un gruppo di genitori che faceva mille sacrifici per accompagnarci agli allenamenti ed alle gare e che supportavano questa nostra passione seguendoci ovunque. Questo meraviglioso gruppo negli anni ha cambiato forma perdendo alcuni elementi (ma solo in campo) e se ne sono aggiunti dei nuovi: Iole De Marino, Francesca Iacopino, Emanuela Avallone, “scippata” alla Pallanuoto e che negli anni è diventata una delle più forti giocatrici d’Italia. Questo gruppo si è nutrito per anni di pallamano fino ad arrivare, con sacrificio e tenacia, sui campi della serie A”.
Con la serie A arrivano a Salerno “le “straniere”: da prima Franka Rajkovic ed a seguire la sua connazionale Vesna Benkovic, che spettacolo di atlete! Entrambe arrivavano da quella che allora era la Yugoslavia, precisamente da Labin (nell’attuale Croazia), dove la pallamano era ed è uno degli sport più popolari e più praticati. Grazie a loro questo gruppo di giovani ed inesperte atlete ha trovato il coraggio di affacciarsi sui campi nazionali e poi internazionali. La magia di questo gruppo è stata sempre legata al fatto che i progressi sportivi venivano quasi naturali, ed il segreto era solo ed esclusivamente nella gioia e nell’entusiasmo che avevamo nel praticare questo sport. Non esistevano i sabato in discoteca, le uscite con gli amici, per non parlare poi delle gite scolastiche, non potevamo stare 4/5 giorni senza allenarci, impossibile!”
Ed ecco che nella mente si presenta un ricordo di quando Valeria Agosti frequentava la scuola superiore: “faccio una confessione e non nascondo di sentirmi, anche, abbastanza ridicola: negli anni della scuola superiore i miei “filoni” non erano per andare a passeggiare con i compagni di classe o per sfuggire alle interrogazioni. Assolutamente lungi da me. Il vero motivo era per andare a fare l’allenamento della mattina con le straniere. Nulla era più bello ed importante che poter fare allenamento differenziato con Sonia Cotar, Ariana Dobrilla ed ovviamente con Vesna e Franka, chi se ne fregava del resto del mondo quando in un palazzetto c’era tutto quello che si poteva desiderare: l’esperienza sportiva”.
Anche se qualche rimpianto non manca: “Certo che le “cose” da adolescente mancavano, era tutto molto faticoso e spesso ognuna di noi ha avuto momenti di ripensamenti ma tutto passava in fretta perché avevamo forte la sensazione, e forse la consapevolezza, di essere immersi in un mondo di esperienze che poche ragazze della nostra età potevano fare, esperienze che ci avrebbero segnato la vita”. Ricordo la prima convocazione in nazionale, a 14 anni circa, io, Maria Fusco, Iole De Marino e Ombretta Terribile a viaggiare da sole per raggiungere il raduno di Messina. Allora non esistevano i cellulari e per vincere le ansie dei nostri genitori, avevamo una pila di gettoni da usare a turno appena si incontrava una cabina telefonica. A raccontarlo mi sento giurassica!”.
Ma le favole hanno spesso anche risvolti non proprio felici, infatti: “Poi sono arrivati gli anni difficili, la retrocessione in serie B (per problemi economici e non per demeriti sportivi). Molte fecero la scelta di cambiare squadra per rimanere in serie A, altre si rimboccarono le maniche e ripresero le fila del discorso da sole, in autogestione! Eravamo al contempo atlete, dirigenti e sponsor, ci allenava Franka Rajkovic: ormai eravamo grandi, quasi tutte maggiorenni ed impegnate con gli studi universitari, il gruppo cambiò nuovamente volto e fu supportato da altre fantastiche ragazze: Assunta Carbonaro, Liana Annunziata, Chiara e Viola Polverino, Arianna Altieri, Anna D’Agostino, Daniela Carrino, Cinzia Carfagno, Stefania Milano, Rosaria Pandolfi, Simona Santoro e le giovanissime Daniela Ruggia, Dania Pastore, Federica Marino, Mimma Aversa, Lorena Benincasa, Antonella Coppola e, forse, ne dimentico altre. In due stagioni risolvemmo il problema, due promozioni consecutive e nuovamente alla ribalta sui campi di serie A1, nuova società e l’inserimento di nuove atlete: arrivarono a darci man forte Eva Rebol, Bogdana Duca, Nicoleta Roman, Betty Flora e Veronica Schiopu; e poi ancora negli anni le straniere Nataliya Anisenkova, Roxana Gheorghiu, Lucia Butnarasu, Mila Lucic e le italiane Francesca Lucci, Chiara Usai, Verena Wolf e nuovi allenatori come Riccardo Trillini, Viktor Pistotnik e Adrijana Prosenjak”
Era di nuovo ritornata una squadra temibile fino ad arrivare “alla conquista di trofei importanti, il resto è storia recente e conosciuta”.
Qui finisce il racconto di Valeria Agosti, un racconto, come lei stessa ha sottolineato “datato, forse nostalgico, un racconto che guarda ad una parte meno eclatante e conosciuta della storia della pallamano salernitana ma non privo di importanza e significato perché ancora oggi, alla soglia dei miei 42 anni ed a quasi 15 anni dalla fine della mia carriera, posso affermare che oltre i trofei, le coppe e le medaglie quella squadra ha vinto, tutte insieme. Ha vinto ed ancora continua a vincere il bello dello sport!”