LA PRATICA DI UNO SPORT INSEGNA COOPERAZIONE E RISPETTO DELLE REGOLE
Continua il racconto sul Superteam, una squadra di pallamano “speciale” per tante ragioni. Nella prima puntata abbiamo raccontato come nasce l’idea e come i ragazzi si appassionano alla pallamano perché rilascia una grossa carica di adrenalina quando si realizza una rete. (leggi articolo).
Ma quando ci sono delle buone idee esistono sempre tanti ostacoli. E’ sempre Luca Volpini a raccontarci la storia di questa società: “Lo sport è, in un certo senso, la continuazione naturale del gioco e con il gioco ha in comune molte proprietà: consente al bambino di mettere alla prova e di affinare le proprie abilità psicomotorie, sviluppa lo spirito d’iniziativa, l’audacia, il desiderio di confrontarsi con sé stessi e con gli altri, il piacere di competere e di vincere (in modo sano); migliora il tono dell’umore, la tolleranza al dolore (stimolando l’incremento della produzione di endorfine) e le difese immunitarie; insegna la cooperazione e il rispetto dei ruoli e delle regole, la pazienza, la lealtà, la tolleranza e la capacità di saper accettare serenamente anche le sconfitte.
Nel bambino patologico, a differenza degli altri, lo sviluppo funzionale è ostacolato, rallentato e distorto a causa della menomazione e della povertà di risorse interne ed esterne. A complicare le cose, può entrare in gioco anche un impoverimento e/o una distorsione delle esigenze, specie di quelle più consapevoli, per danno lesionale o per problematiche di tipo affettivo-relazionale.
È proprio attraverso lo sport che sentimenti e competenze come l’audacia, la pazienza, la perseveranza, la competitività, l’autostima, il rispetto dei ruoli e delle regole, possono essere sperimentati da tutti i bambini e ragazzi indipendentemente dalla propria condizione.
È da questi presupposti che si può partire per far comprendere come la carrozzina pertanto:
– non debba essere considerata come “l’ultima spiaggia” per permettere al bambino di spostarsi, ma piuttosto come uno strumento per esplorare, condividere, scoprire, divertirsi;
– rappresenti il mezzo attraverso il quale il bambino può sperimentare indipendenza, opportunità di partecipare senza limitazioni;
– migliori l’interazione, l’esplorazione spaziale e le esperienze;
– riduca il senso di frustrazione e dunque aumenti il senso di competenza: il bambino può esprimere la propria iniziativa con successo e minor fatica e quindi aumentare la fiducia in sé stesso;
– conduca il bambino ad un aumento dell’iniziativa motoria e dell’attività in generale”.
Ma non sempre i genitori e gli stessi bambini sono pronti a recepire questo messaggio e, infatti: “la carrozzina nella maggior parte dei casi rappresenta piuttosto l’emblema dell’impossibilità di deambulare. Il cammino è altresì la competenza che più di tutte sembra allontanare dalla nostra mente il concetto di patologia: sebbene il raggiungimento e/o il mantenimento della miglior forma di deambulazione possibile, rientri sempre ed in misura importante fra gli obiettivi dei progetti riabilitativi, ciò non significa che questa rappresenti la modalità di spostamento elettiva o che la stessa consenta al bambino di praticare un’attività sportiva in cui, in un contesto di competizione con altri, mentre si sposta e cerca di non perdere l’equilibrio, deve compiere anche un gesto atletico. È anche per questo che le attività di avviamento allo sport in carrozzina introdotte nel Servizio nel quale lavoriamo, sin dall’inizio sono state proposte anche a quei bambini che nella vita quotidiana o nel contesto terapeutico, si spostano sulle proprie gambe. L’obiettivo principale, infatti, è sempre stato quello di passare attraverso lo sport per far sperimentare ai bambini, e ai loro genitori, la libertà di movimento che la carrozzina consente ed invitarli così, alla consapevolezza delle possibilità che potrebbero avere anche nella vita di tutti i giorni, nell’ottica dell’autonomia e soprattutto dell’inclusione sociale”.
Ma il vantaggio, o meglio, dei grossi risultati si sono ottenuti quando, Andrea, uno di loro si è fatto carico di promuovere questi messaggi raccontando e facendo capire come lo sport in carrozzina potesse migliorare la vita dei bambini: “Sin da giovanissimo ha sempre accolto con entusiasmo e voglia di andare oltre i propri limiti le varie occasioni in cui era chiamato a “mettresi in gioco”, a partire dallo sport, anche in carrozzina (Nuoto, Tennis, Basket, Sci), ma anche e soprattutto nella vita quotidiana (a quattordici anni ha iniziato ad andare a scuola da solo con la sua macchina motore 50cc). Osservare e sentire parlare un ragazzo come Andrea, offriva una possibilità di riflessione in più non solo agli operatori sanitari, ma anche ai bambini più piccoli e ai loro genitori”.
L’ostacolo più grande lo si è dovuto superare quando la squadra si è cimentata fuori dall’ambito sanitario: “Per fortuna la passione e l’allegria sono contagiose e nella maggioranza dei casi ci hanno permesso di superare anche questo “ostacolo” “.
Ma la conquista più importante è aver potuto far capire a chi di dovere che: “occorre prima di tutto capire che non si tratta di terapia, occorre uscire dal pietismo che spesso ci accompagna quando pensiamo a queste situazioni e risulta fondamentale accompagnare in quest’ottica i bambini e le loro famiglie sin dai primi anni di vita.
Spesso si parla di uguaglianza, di uguali diritti, ma troppo spesso in maniera sommaria e sterile.
Noi siamo partiti dal credere che prima di tutto siamo tutti “PERSONE” con uguali desideri e aspettative ma abbiamo capito che per trovare delle risposte concrete occorre consolidare la diversità”.
foto Isabella Gandolfi