ANTONIO CONSOLE: “IN ITALIA NON AVREI MAI AVUTO LA POSSIBILITA’ DI ALLENARE UNA SQUADRA IMPORTANTE”
Antonio Console, nato a Bari nel 1989 ci racconta la sua interessante storia. Lui, giovane lascia il calcio giocato e ben presto diventa allenatore perché: “per me il calcio è stato sempre un punto fermo nella vita. Mio Padre mi ha trasmesso questa passione e la nostra squadra del cuore è l’inter, pur essendo tantissimo legato alla Bari”
Ha sempre giocato a calcio arrivando a giocare a livello di prima squadra solo tra i dilettanti (Noicattaro, Putignano, Laterza, Gioia del Colle) ma ho smesso a 20 anni per questioni lavorative”.
Si trasferisce a Milano e poi a Praga dopo, dove continua a giocare sempre a livello dilettantistico. La sua fortuna: “Prima del mio trasferimento ho conseguito la licenza di Istruttore di Scuola Calcio e quella di allenatore di pesistica e culturia fisica”.
Poi… “La forte passione per questo gioco lo porta a fondare (2013) l’Asd Atletico Bari, dove si dedica, insieme al padre e per avviarla ritorna nella sua Bari per un anno e mezzo dove, nel frattempo conseguo la licenza UEFA B che mi apriva le porte ad allenare tra i settori giovanili professionistici”.
Il ritorno a Praga… “Parlando con un amico sono venuto a conoscenza che il Dukla cercava allenatori per il settore giovanile. Incontro il responsabile tecnico e subito scatta qualcosa di positivo. Mi viene offerto di lavorare come assistente dell’Under 16. Un obbiettivo, un sogno che si realizzava”.
Il Dukla milita nella Seria A ceca, e ha una filosofia di settore giovanile ben definita, prima dal punto di vista etico, classificando come priorità la famiglia, la scuola e poi viene il calcio, continua Antonio Console: “dal punto di vista tecnico sviluppiamo un 4-3-3 per tutte le selezioni giovanili, con principi di gioco offensivo, intenso e veloce, lavorando molto sulla tecnica di base. E’ una grande esperienza per me in quanto mi raffronto con modi di fare diversi anche nella professionalità perché a mio avviso il lavoro fatto bene ha una sola strada”.
Le capita di fare confronti con il modus operandi in Italia?
“Mi capita spesso e parlando di settore giovanile, noto prima di tutto, la mancanza di pressioni inutili ed esasperate a cominciare dagli allenatori allenatori fino ad arrivare alle famiglie. Qui si lascia spazio ai bambini ed ai ragazzi piu grandi, di potersi esprimere con libertà, divertimento, ottenendo in cambio come risposta voglia, attenzione, massima educazione e professionalità. Pugno di ferro e politica del terrore non è la strada del successo – se può essere considerata strada. In Italia , è molto frequente che, sui campi si trovino genitori accaniti contro allenatori, arbitri e giocatori influendo, negativamente sul gioco. In Repubblica Ceca, posso dire che le partite del settore giovanile, pur essendo giocate con vigore agonistico conta al massimo un cartellino giallo a partita perché si tende ad esaltare il fair play”.
Ma anche in Italia ci sono persone che la pensano come nel resto d’Europa, ma purtroppo sembrano essere messi al bando. Addirittura abbiamo intervistato Vito Laudati Galvagno che parla di collaborazione tra scuola calcio e genitori: “Anche al Dukla esiste questo tipo di collaborazione tra staff tecnico e famiglie perchè lavorando entrambi nella stessa direzione si fa solo il bene del ragazzo, che dovrà essere prima un uomo e poi, forse, un calciatore”.
Se fossi rimasto in Italia ora cosa avresti fatto?
“Probabilmente a 25 anni, fresco di Uefa B, non avrei avuta una possibilità simile. Ci sono troppi algoritmi, nel nostro Paese da superare. Un esempio semplice? L’algoritmo età/esperienza non mi avrebbe permesso di essere in una squadra professionistica”.
Concludiamo, approfondendo il modo di lavorare del Dukla sui giovani: “La differenza sostanziale sta nell’approccio che si deve avere nei confronti di un ragazzo che potrebbe fare uno sport a livello professionistico, protagonista nel dare spettacolo agli appassionati di calcio. Quindi meno pesantezza e piu leggerezza, e sempre voglia di migliorarsi!