Home / ANEDDOTI  / VESNA BENKOVIC: “SENTO ANCORA FORTE L’ODORE DEL PALLONE E DELLA COLLA. MA QUELLA REGOLA MI HA PRIVATO DI ALTRE SODDISFAZIONI”

VESNA BENKOVIC: “SENTO ANCORA FORTE L’ODORE DEL PALLONE E DELLA COLLA. MA QUELLA REGOLA MI HA PRIVATO DI ALTRE SODDISFAZIONI”

Vesna Benkovic è un’icona della pallamano salernitana, ma la sua storia non ha radici italiane, infatti la sua storia è un piccolo romanzo che noi, del “Il bello dello Sport” abbiamo voluto così riassumere: “Se penso al passato mi sembra così lontano. Il periodo in cui giocavo a pallamano… se ci penso bene ancora oggi mi sembra di sentire forte l’odore del pallone e della colla che si usa – continua – ma ancor di più il rumore che scaturisce dal suo rilascio dalle mie dita”.
Vesna, oggi mamma, lavoratrice instancabile e brava fotografa, per passione, ha ancora la sensazione “di aver sempre giocato alla pallamano. Era una cosa che mi piaceva, correre, passare la palla e, sopratutto, beffare il portiere e fare goal. Ecco il perchè non sono mai stata una grande giocatrice in difesa. Per me la pallamano era la palla in rete. Mi piacevano anche gli schemi e la complicità che si creava in campo con lo scopo di superare l’avversario. Anche fare spazio per far segnare le compagne, alla fine il mio ruolo principale è stato proprio questo”.
Ritorna nella sua terra d’origine, almeno con la mente: “Ho iniziato a 9 anni, a scuola, con un grande prof di educazione fisica la cui vocazione era insegnare la pallamano ai ragazzi. Una compagne di classe che era molto importante per me, anche se all’epoca non lo sapevamo, ha contribuito, a distanza di 10 anni a far cambiare radicalmente la mia vita”.
L’infanzia l’ha trascorsa “giocando, studiando, sopratutto l’inglese, perchè mi piaceva e avevo intenzione di viaggiare tantissimo. L’italiano? Noo, tanto non mi serviva, ci andavo solo a fare la spesa”.
Finito il liceo si trasferisce a Fiume e gioca nello Zemet dove il suo talento non passa inosservato e diventa il pivot di quella squadra: “La squadra ha partecipato alla serie A2 Jugoslava e si preparava ad essere promossa in A1. Due anni di grande agonismo, di tanti miei gol fatti e di una amara delusione per aver perso la serie A1 contro una squadra di nome Podravka, formazione ben nota agli amanti ed esperti di pallamano”.
Arriva la delusione e si presenta ad un bivio: “A questo punto, una delle amiche di cui parlavo, entra in scena. Ci si incontra in una discoteca e lei, (che sarebbe Franka Rajkovic grande giocatrice dell’HANDBALL SALERNO) mi chiede: “Vesna, ma se ti propongo di venire a giocare con me a Salerno, cosa diresti?”. Io dissi di si e quando oramai mi ero anche dimenticata di questo nostro ioncontro, mi arriva la chiamata”.
Siamo a maggio del 1991: “Anno di grandi cambiamenti nella mia terra, anno dell’inizio della guerra. A maggio ancora non si prospettava la catastrofe ma io il 10 giugno del 1991, prendo l’aereo e vengo a Salerno. Non cnoscevo una sola parola in italiano”.
In Italia, o meglio a Salerno viene accolta a casa di Emanuela Avallone (nella foto con altre due amiche di Vesna)

MARIA TERESA COZZOLINO

MARIA TERESA COZZOLINO

e questo mi ha aiutato molto ad inserirmi bene nell’ambiente e in una città completamente diversa da quella da dove ero venuta. Lei, la mamma e il fratello mi hanno aiutato a capire i meccanismi di questa città piena di contrasti dove la gente apparentemente sembrava molto accogliente verso lo straniero mentre dall’altra era poco abituata ad accettare una persona con una cultura diversa”.
Cominciano i primi allenamenti: “ci allenavamo al campetto San Matteo (Mariconda) e successivamente al pallatenda (oggi Pala Tulimieri). Il primo anno è stato difficile, ho dovuto abituarmi ad una pallamano diversa, più difficile da giocare ma sono riuscita a dare il mio contributo e con tanta fatica siamo riuscite a conquistare la tanto desiderata serie A1. Ricordo la palestra stracolma di persone, striscioni. Una città che partecipava e gioiva per i nostri successi”.
La squadra di rinforza e: “L’anno dopo arriva Sonia Cotar da Sassari, giocatrice slovena di grande valore e arriva la svolta. Siamo diventate la squadra più temuta del campionato riuscendo a fare il colpo grosso vincendo contro Cassano Magnago squadra che non perdeva una partita di campionato da più di dieci anni”.
Salerno riesce nell’impresa?
“Siamo state noi ad interrompere questa scia di risultati positivi. A Salerno, davanti ad un pubblico strepitoso. Alle partire del campionato c’era talmente tanta gente che molti restavano fuori del palazzetto. Tutta Salerno partecipava. In quel periodo, per almeno tre anni ho indossato la maglia della nazionale italiana nazionale italiana pallamano con Vesna (nella foto col n. 9) e ho avuto la possibilità di partecipare ai campionati europei”.
Ma qualcosa non è andata come doveva, perché?
“Purtroppo i nostri successi non a tutti andavano bene, le squadre storiche della pallamano italiana si sono sentite penalizzate perché l’Handball Salerno, oltre ad avere una straniera forte, aveva due giocatrici naturalizzate (Benkovic e Rajkovic) quindi cosa fanno, s’inventano una regola. Cioè una squadra non poteva avere più di una straniera e una naturalizzata, insomma succede che devo lasciare la squadra. Decido di restare a vivere a Salerno giocando per la Matteotti, squadra di Palermo. Bellissima esperienza, bravissima gente”.
Ma qualcosa non va come dovrebbe andare, la delusione per dover lasciare la città e le compagne d’avventura è troppo forte e “L’anno successivo smetto di giocare e, per tre anni, non vedo nemmeno una partita di pallamano”.
Ma l’amore per la pallamano e la forza di quel gruppo che aveva battuto la corazzata Cassano è più forte di ogni cosa e: “Nel 1998 la squadra, grazie a Franka Rajkovic e Renato de Santis, ritorna in serie A e mi convincono di tornare. Cosi inizia una nuova avventura che, dopo diversi anni, ci porta alla mitica vittoria dello scudetto”. Era la stagione 2003/2004 in quell’anno abbiamo fatto la doppietta vincendo anche la prima Coppa Italia.
L’anno dopo, la stagione 2004/2005, ho concluso la mia carriera facendo comunque la finale scudetto, e portando, con onore, la fascia del capitano della squadra. Non male, vero”?
Decisamente no! per una ragazza che ha amato Salerno così tanto da rimanerci anche dopo, infatti, conclude Vesna: “Alla fine, il valore più importante di tutta la mia carriera sportiva, è la sensazione meravigliosa di sentirsi parte del gruppo, di una squadra. Quello che è rimasto è una grande amicizia, stima e affetto tra queste ragazze meravigliose che hanno condiviso momenti indimenticabili della propria vita”.

alfonso.pierro@libero.it

“A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” 
(Nelson Mandela).