La figura del match analyst: Adriano Bacconi ne svela i segreti
Nella prima parte dell’intervista l’allenatore pisano Adriano Bacconi si era soffermato soprattutto sulla sua esperienza con l’Italia di Marcello Lippi al Mondiale di Germania 2006.
Nella seconda parte, invece, il tecnico delinea nei dettagli la figura del match analyst, dando innanzitutto un quadro generale: “Di aspiranti match analyst ce ne sono molti, perché tutti sognano di stare nelle grandi squadre. Questo ruolo ha il fascino di aprire delle opportunità anche a chi non è riuscito con il calcio giocato“. L’ allenatore pisano è considerato, dalla maggior parte degli addetti ai lavori nel nostro paese, l’inventore della match analysis: “Naturalmente dà a tutti l’opportunità di crederci, ma io vedo tanti aspiranti ma un grande appiattimento verso il basso, cioè una mancanza di competenze di base per poter fare questo mestiere“. Attualmente questo impiego richiede competenze di diverse discipline, quindi soggetti preparati in diversi ambiti: “Tutti pensano basti saper fare un po’ di video montaggio, mettere qualche azione di attacco, di difesa e qualche calcio piazzato per sentirsi match analyst,invece per poter raggiungere risultati di spessore in questo settore bisogna aprire un percorso di studi e più in generale di vita mirato ad assumere competenze in diversi ambiti“. Nulla è precluso a nessuno in questo settore e nel calcio attuale le figure in grado di analizzare e predire le mosse avversarie in anticipo sono diventate fondamentali per una corretta preparazione delle gare.
Quali sono gli ambiti nel quale deve essere più pronto e preparato un bravo match analyst?
“In realtà è un lavoro molto più complesso di un semplice editing tramite un pc, necessita di studio e di un percorso formativo più ampio, per esempio dall’ ambito statistico a quello metodologico. Conta inoltre avere competenze nell’ambito comunicativo, psicologico (ritagliarsi spazio in un gruppo, gestione e miglioramenti dei calciatori) e anche tecnologico, perché non basta conoscere un software, bisogna conoscerli tutti. Ambito tecnologico non solo inteso come conoscenza di programmi di editing e montaggio, ma anche dei sistemi operativi e dei dispositivi utilizzati nel mondo del calcio (GPS, cardiofrequenzimetri, telecamere). Insomma, questo è un universo da inseguire e il bravo data science deve sapere tutte queste cose per metterle al servizio della società per la quale andrà a lavorare. Inoltre, è fondamentale che un bravo match analyst sappia predire le tattiche avversarie e l’andamento di una gara. Assicuro che questi fattori implicano la buona riuscita delle gare e dei campionati.”
Per arrivare a lavorare nelle grandi squadre esiste un percorso ideale che ogni aspirante dovrebbe seguire?
“Per me arrivare a questi livelli vuol dire iniziare un percorso che dura dieci anni e poi tutta la vita. È fondamentale inoltre la conoscenza perfetta dell’inglese perché il novanta percento delle richieste di lavoro è all’ estero e li ovviamente i grandi giocatori sono tutti stranieri. Tendenzialmente inoltre bisogna avere una laurea in scienze motorie poi approfondita tramite corsi e master quali Wyscout, paninidigital e six. Arrivare in un grande club tipo Milan, Inter o Juventus vuol dire diventare il manager di una grande azienda e non aver fatto il percorso descritto in precedenza significa non avere le competenze di base per gestire i carichi di lavoro richiesti.”
Per essere un bravo match analyst occorre conoscere solo il calcio?
“Assolutamente no, non occorre conoscere solo il 4-3-3, il 4-4-2 o le statistiche dei goal di Icardi. Anzi, la competenza specifica tecnica o tattica è l’ultimo tassello. Bisogna conoscere gli altri sport perché i metodi di allenamento attuali provengono dalla pallacanestro o dalla pallavolo, inoltre le analisi delle traiettorie del pallone vengono studiate dal baseball e dal golf. Questo dimostra le enormi contaminazioni interdisciplinari che vanno analizzate per disporre di metodologie di lavoro all’ avanguardia. Il consiglio che voglio far passare, è che bisogna passare la vita a studiare per poter raggiungere risultati di spessore in questo ambito, perché è una professione molto difficile e ambiziosa”.