ANED, un sorriso per i trapiantati: “Lo sport è sinonimo di vita”
Quando l’ANED (Associazione Nazionale Emodializzati) decise di dedicare un settore interamente allo sport, in tantissimi manifestarono una certa soddisfazione per la capacità di abbinare un percorso prettamente medico ad una serie di attività che permettessero a tante persone con problemi di salute di condurre un’esistenza quanto più normale possibile a contatto con altri trapiantati che potessero raccontare la propria storia, confrontarsi e trasmettersi a vicenda un messaggio di speranza. Nacque così, quasi trent’annifa, l’ANED SPORT, ONLUS che racchiude svariate discipline e che accoglie indistintamente uomini e donne dai 14 ai 75 anni. Una vera e propria famiglia che, con notevoli sacrifici anche economici, ha contagiato tutti con il proprio entusiasmo e con quella voglia di non arrendersi mai che ha permesso a tanti di superare ostacoli apparentemente insormontabili. La redazione de “Ilbellodellosport” ha contattato telefonicamente Marco Mestriner, vice coordinatore nazionale dell’AMED SPORT e atleta della nazionale italiana trapiantati di pallavolo.
Anzitutto ci parli di queste belle iniziative e dei vostri progetti…
“Mi preme sottolineare il ruolo fondamentale svolto dall’AMED, un’associazione che si occupa di persone che convivono con problemi di salute e che sono costrette a fare la dialisi o altri tipi di cure. Nel tempo è stata assunta una decisione saggia: dedicare una costola della nostra ONLUS interamente allo sport. Con gioia posso dire che abbiamo raggiunto risultati importanti in tanti settori: dal tennis alla pallavolo passando per il ciclismo e la pallanuoto. Abbiamo preso parte a diverse gare nazionali ed internazionali, quest’anno saremo a Newcastle e tra due anni sarà la volta del Texas”.
Quanto lo sport aiuta le persone che convivono con questo disagio?
“Indubbiamente è un traino fondamentale. Mi sento fortunato perchè sono coordinatore nazionale della ADES SPORT e gioco nella nazionale trapiantati di pallavolo. Fare sport è importante, permette di sentirci persone “normali” e migliora il nostro stato di salute: scendere in campo rappresenta una grande vittoria per tutti quanti noi a prescindere dal risultato finale. Chi deve assumere farmaci per tutta la vita riesce, attraverso l’attività sportiva, ad annullare molti degli effetti collaterali della terapia”
C’è qualche atleta che, inizialmente, aveva perplessità e paura nell’accettare questo progetto?
“E’ capitato spesso. Considerate che noi ci rivolgiamo a persone di ogni età, anche giovanissime, che hanno subito trapianti di reni, fegato o altri organi vitali. La proposta di scendere in campo per giocare a pallavolo piuttosto che di salire in sella ad una bicicletta è stata sovente accompagnata da reazioni non positive. Alla lunga, però, tutti hanno capito lo spirito del nostro progetto. L’obiettivo principale è sentirci tutte persone normali, non essere reclusi e confinati in casa tra dialisi, cure e medicinali. Un problema di salute deve trasformarsi in una sorta di opportunità per cogliere al volo tutte le occasioni utili per sorridere, divertirsi e socializzare. Con la mia squadra di pallavolo sto girando il mondo, probabilmente non avrei mai vissuto certe esperienze se non avessi avuto i suddetti problemi di salute”.
Quanto è difficile portare avanti un progetto del genere in tempi di crisi economica e con assenza di infrastrutture idonee?
“Sicuramente sarebbe importante che associazioni del genere che operano nel sociale aiutando chi soffre potessero usufruire di contributi economici maggiori. Ci appoggiamo ad una ONLUS che ha altre priorità e quindi cerchiamo di gravare il meno possibile. Talvolta società locali ci ospitano nelle loro strutture, in altre circostanze veniamo invitati a partecipare ad eventi anche di carattere internazionale e questo ci permette di ampliare la nostra rete di conoscenze. Quando viaggiamo per il mondo o svolgiamo gli allenamenti ci autotassiamo. Questo piccolo sacrificio acuisce il senso di appartenenza al nostro progetto e fa capire quanto ognuno di noi tenga particolarmente a quanto stiamo portando avanti da 30 anni a questa parte. Siamo una realtà bella, positiva, semplice, trasparente. Ognuno di noi ha una storia da raccontare e farlo col sorriso magari in una palestra, un campo o una piscina rende tutto più semplice”