BELMONTE: “NEL CALCIO SI A PASSIONE E PROFESSIONALITA’, NO A SPONSOR E MANCANZA DI DIGNITA’ “
Prosegue l’inchiesta che “Il bello dello sport” sugli allenatori che esercitano la loro professione attraverso sponsorizzazioni e ragazzini che giocano soltanto perché sostenuti economicamente dalle proprie famiglie. La nostra redazione ha contattato telefonicamente il trainer salernitano Nino Belmonte. Ecco l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato.
E’ davvero così dilagante il fenomeno del quale stiamo parlando?
“Purtroppo sì. Ciò che riusciamo a sapere è soltanto una minima parte di quello che realmente si verifica. Così facendo, si sta rovinando il gioco più bello del mondo. Purtroppo non solo ci sono mister che, pur di allenare, perdono la propria dignità finendo per farlo o gratis o attraverso uno sponsor alle spalle, ma esistono anche genitori che pagano per fare giocare i propri figli. Ormai è un fenomeno dilagante e risaputo, specie al Sud Italia. Non vige più la legge della meritocrazia, bensì quella della mancanza di dignità, in ottemperanza alla quale finisci per prostituirti da un punto di vista lavorativo, senza ricevere alcun emolumento per le prestazioni offerte, o ad allenare grazie ad uno sponsor facoltoso. Sono rari i casi di allenatori nelle serie dilettantistiche che siedono sulle loro panchine per reali meriti sportivi”.
Ciò di cui parli si verifica maggiormente tra terza e quarta serie?
“Sicuramente. Anche nelle serie minori, come in Promozione. Per esperienza personale, ti dico che ho trovato una situazione in cui una squadra, della quale preferisco non fare il nome, ha detto: ‘Mister, non ti possiamo riconfermare perché il prossimo anno il nuovo allenatore sarà lui a portare soldi a noi’. Quindi possiamo tranquillamente dire che ciò di cui stiamo parlando è un fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio”.
Quali sono i nomi di tuoi colleghi che a livello locale riescono ad allenare senza ricorrere ai sotterfugi precedentemente raccontati?
“Sicuramente Enzo Fusco e Mauro Chianese. Quest’ultimo ha raggiunto risultati importanti negli ultimi anni, sia a livello di settore giovanile che di prima squadra. Diversi tecnici preparati non allenano in quanto sono persone che hanno dignità, che amano questo sport e che non si lasciano soverchiare da questo sistema: è il caso di Massimo Trezza, del sottoscritto, di Fausto Di Feo e tanti altri tagliati fuori. Per me non allenare è come una mazzata. Da una parte è come se fosse un coltello conficcato nel cuore, dall’altra parte penso: ‘chi me lo fa fare?’. E’ un sistema sporco e che non mi piace. Mi è capitato in carriera di allenare senza ricevere compensi che mi spettavano. Quando mi è capitato di battere cassa, mi è successo di ricevere la seguente risposta: ‘Mister, qui ci sono tanti che allenerebbero gratis o portando uno sponsor’. In casi del genere, ho deciso l’interruzione del rapporto lavorativo. Certi mister vanno in una realtà ad allenare consapevoli che non percepiranno soldi, ma soltanto per potersene fregiare nel proprio curriculum. Per colpa di questi personaggi, vengono penalizzate le persone che svolgono il proprio mestiere con amore, passione e professionalità. Alcuni mi hanno detto: ‘per fare calcio, o ti pieghi al sistema, o non fai niente’. Allora preferisco non fare niente”.
Concordi su quanto detto recentemente da Fabrizio Liberti: “I diplomati all’ISEF o i laureati in scienze motorie dovrebbero limitarsi a fare i preparatori atletici, senza fare gli allenatori”?
“Non saprei. Io sono diplomato ISEF ed ho il patentino UEFA B: pertanto ho la qualifica per essere sia preparatore atletico che allenatore. Purtroppo il problema è alla base: il calcio è fatto da persone senza dignità, senza spina dorsale. Nei settori giovanili non vige la voglia di fare crescere i bambini. Essi sono divenuti burattini di persone che fanno calcio a scopo di lucro ed a fini personali”.
Quale può essere una soluzione al problema?
CORRADO BARBARISI
FOTO FONTE PROBILO FACEBOOK DI NINO BELMONTE