#BRESAL: la partita vista con gli amici di “Colosseo Granata”
Molti artisti del passato (come, ad esempio, Carlo Carrà) seppero coniugare calcio e arte nelle loro opere. Così, alla stregua di come accadeva per gli impressionisti, bravi ad evidenziare diversi aspetti del medesimo soggetto attraverso l’espressione dei loro ideali artistici, vedere una partita della propria squadra del cuore in una città lontana da quella natale può aiutare a vedere il rovescio della medaglia. La nostra testata ha, infatti, avuto modo di seguire Brescia-Salernitana a Roma, presso il Four Green Fields situato nei pressi di San Pietro, in compagnia degli amici di Colosseo Granata, vulcanico e simpatico club di tifosi accomunati dalla stessa passione: l’amore per i colori granata. I membri del gruppo (circa una settantina) vivono in maniera genuina il tifo nei confronti della Salernitana e hanno avuto la capacità di creare due feudi granata nella Capitale (il primo è il pub già citato ed il secondo è il ristorante “Il cavalluccio marino”), laddove riunirsi per trepidare alla tv dinanzi, magari, ad un bel boccale di birra. Una discreta rappresentanza, coordinata da Salvatore Caldarelli, ha seguito in nostra compagnia la deludente gara del Rigamonti, un match che ha ufficializzato l’involuzione tecnica e tattica vissuta dalla squadra di Bollini. Una Salernitana troppo brutta per essere vera ha, infatti, perso per la prima volta con due gol di scarto contro un avversario parso tutt’altro che trascendentale, subendo due reti evitabili che hanno determinato il disappunto dei tifosi del club Colosseo Granata. “Perchè Rizzo in campo al posto di Ricci?”, “Minala deve rifiatare”, “Radunovic non trasmette sicurezza”, “Bocalon si nasconde troppo e non fa salire la squadra”, “Bollini entra in confusione quando inizia ad avere più calciatori a disposizione”: queste alcune delle osservazioni da parte dei socievoli e disponibili sostenitori granata, dispiaciuti per l’esito nefasto della squadra, ma capaci ugualmente di guardare il bicchiere mezzo pieno affermando “tanto siamo abituati a soffrire” e rimarcando il loro encomiabile nonchè viscerale attaccamento alla squadra nonostante i chilometri di distanza. Chapeau!