Bruno Pizzul: non solo cronista, ma anche un passato da calciatore
Per oltre trent’anni la voce di Bruno Pizzul è entrata nelle case degli sportivi italiani, diventando una vera e propria icona. Una voce passionale e competente, un vero maestro delle telecronache non solo della nazionale italiana di calcio. Giunge in Rai nel 1969 dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza e aver superato i concorso nazionale per radio-telecronisti aperto a tutti i giovani laureati del Friuli Venezia Giulia. Il suo esordio ai microfoni Rai porta la data dell’8 aprile 1970, chiamato a commentare lo spareggio di Coppa Italia Juventus-Bologna, sul campo neutro di Como, dove l’esordiente Bruno si presenta con quindici minuti di ritardo. Il commento parte dal 16esimo minuto, ma per sua fortuna la partita era trasmessa in differita.
Prima di diventare giornalista Rai, Bruno Pizzul è stato anche un calciatore professionista. Ha iniziato a calcare i campi di calcio fin da ragazzino nella squadra del suo paese (Cormons, in provincia di Gorizia), poi si trasferisce al Pro Gorizia, in seguito viene acquistato dal Catania, che giocava in Serie B, dove resta due anni, prima di passare un anno e mezzo a Ischia, in prestito, per poi tornare nuovamente al Catania. Classe 1938, ruolo centromediano, fisico longilineo ed esile, ben presto dovette appendere le scarpette al chiodo a causa di un brutto infortunio al ginocchio. “Non sono diventato un campione ma ho comunque militato ai margini del calcio professionistico, abbastanza a lungo per maturare esperienze che si sono rivelate molto utili per la successiva professione“, racconta Pizzul nella sua biografia. Una carriera brevissima, contrassegnata però da ricordi nitidi vissuti in particolare ai tempi dell’Ischia. Era la stagione 1960-61, i gialloblu, dopo la fusione con la Bagnolese, approdano in Serie D per la prima volta. Sull’isola approda un giovanissimo friuliano che fa l’esordio il 4 dicembre 1960 contro il Caltagirone. Vittoria per l’Ischia, una delle poche di quel campionato, e Pizzul fa subito breccia nel cuore dei tifosi isolani.
Un amore tra il friuliano e Ischia mai tramontato. E, infatti, a distanza quasi di trent’anni, l’ormai famoso telecronista, al termine della stagione 1986/87, prende carta e penna e scrive una lettera di compiacimento alla squadra, capitanata da Franco Impagliazzo, per la storica promozione in Serie C. Nella missiva Pizzul ripercorre anche la sua breve e indimenticabile esperienza a Ischia.
“Ed è arrivato anche il gran giorno dell’Ischia: il calcio isolano festeggia, con legittimo orgoglio, la promozione in serie C1. Io chiedo il permesso di associarmi, nel ricordo di un’ormai lontana e fugace milizia nelle file del calcio ischitano. Arrivai in prestito dal Catania, nell’autunno del 1960, avevo un ginocchio in disordine, poco più di vent’anni, la consapevolezza che non sarei diventato un campione: accettai dunque quel trasferimento con entusiasmo, se non altro perché mi avrebbe consentito di giocare ogni domenica. La squadra disputava il campionato di quarta serie, andava maluccio e il mio arrivo, contrariamente alle speranze di dirigenti e tifosi, non determinò alcuna inversione di tendenza. Rimasi nell’isola una breve stagione, prima di tornare a Catania, ma quel rapido soggiorno fu sufficiente a farmi conoscere ed apprezzare il fascino di Ischia, splendida di paesaggi e calore umano soprattutto quando non è soffocata dalle orde disordinate e distraenti dei turisti. Rammento in particolare i continui e spesso avventurosi viaggi in traghetto per le trasferte e per la frequenza all’università di Napoli: quel braccio di mare allo scoperto, tra Procida e Capo Miseno, d’inverno diventa insidiosissima e più di una volta l’imbarcazione era costretta a tornare al coperto. Ma ricordo pure quel gran signore di Filippo Ferrandino, che era un po’ il riferimento obbligato del calcio ischitano, i compagni tra i quali figurava Ernesto Milano, il professore che adesso fa il fisioterapista alla scuola di calcio di Bruscolotti (dopo esser stato anche al Napoli), il campetto di Porto d’Ischia, lassù tra i pini con la gente a mezzo metro dal campo, a soffiarti addosso il suo entusiasmo, la sua disapprovazione. Era un calcio ruspante, quasi paesano, fatto di umori genuini: non conosco l’attuale realtà, ma suppongo che qualcosa di quella spontaneità sia rimasta nel mondo del pallone ischitano che ora s’affaccia alla grande ribalta. Sì, perché la serie C1 comincia a essere un palcoscenico di tutto rispetto. Il presidente Fiore può esser fiero dei suoi ragazzi ai quali chiedo di accettare il mio sincero compiacimento”.
Fonte foto wikipedia / Fonte lettera www.isclano.com