Coach Campedelli: “La FIPAV non deve dimenticare: la Nazionale sorde rappresenta l’Italia”
“Abbiamo bisogno di essere riconosciute dalla FIPAV anche perchè i nostri atleti partecipano già ai campionati organizzati dalla Federazione Italiana Volley. Siamo una nazionale a tutti gli effetti e giochiamo contro nazionali che sono strutturate ed organizzate molto meglio. Noi chiediamo a gran voce di essere riconosciuti dalla FIPAV anche perchè quando giochiamo o ci alleniamo per preparare gli Europei o i Mondiali non riusciamo ad avere tutti gli atleti disponibili perchè le loro partite non vengono spostare d’ufficio”.
E’ Alessandra Campedelli, coach della Nazionale Italiana Volley sorde, che lancia quest’appello alla Federazione Italiana Volley e vuole, fortemente, che questa squadra venga riconosciuta come succede nelle altre Nazioni: “Vogliamo vestirci come una Nazionale vera. Non ci piace andare a mendicare in giro una serie di magliette uguali. Spesso non riusciamo nemmeno a permetterci di indossare tutti la stessa tuta di rappresentanza. Abbiamo bisogno di sostegno. Stiamo organizzando i Mondiali per i 2020. Non chiediamo soldi, ma il loro sostegno”.
Come dire, i sordi non sono solo i vostri atleti, ma a questo atteggiamento avete trovato un perchè?
“Non sappiamo, non esiste un perchè. Forse per una questione politica, forse per una questione di abitudine visto che le Nazionali della federazione sono sempre state “normali”, se così possiamo definirle. Ribadisco, non vogliamo che ci paghino le trasferte, ma vogliamo semplicemente essere una Nazionale vera”.
Cosa chiedete, nella sostanza?
“Un segnale e far si che si sappia che noi ci siamo. Dire ai Comitati periferici che quando la nostra squadra ha una partita di spostare d’ufficio le gare che riguardano i nostri convocati. Noi facciamo addirittura fatica ad organizzare i raduni in quanto i nostri convocati vengono utilizzati dalle squadre di club che non hanno nessun obbligo di mandarli al raduno della Nazionale sorde. Noi troviamo persone che ci ospitano per gli stage ma non riusciamo ad avere gli atleti. Vorrei ricordare che anche noi rappresentiamo l’Italia”.
Nelle altre nazioni cosa succede invece?
“Le nazionali di fascia alta vivono da professioniste. In Usa vivono insieme in un college a spese dello stato. Anche il Giappone e la Turchia hanno un livello di attenzione superiore per questa Nazionale. La Turchia, ad esempio, da molto valore ai propri atleti anche se disabili”.
Per i prossimi impegni in cosa sperate?
“Abbiamo gli Europei a Cagliari e speriamo di avere un rappresentante della Federazione. Essere presente anche con una persona, con dei comunicati. Noi vorremmo che si capisse che la pallavolo è una sola”.
Eppure questa Nazionale aveva aperto una breccia mediatica importante quando hanno cantato l’Inno Nazionale di Mameli col linguaggio dei segni. Lo sport deve unire e non separare. La lotta contro le barriere non deve essere solo architettonica.