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Dal Sistema al Catenaccio passando per il Vianema: la storia dell’evoluzione del calcio

La tattica  a cui si legano molti allenatori italiani fu quella che partì dalla Svizzera degli anni 30′ con Karl Rappan. Il tecnico del Servette che volle rimodulare in modo avveduto il Sistema. La sua tattica prevedeva lo spostamento di un mediano  dietro alla linea dei difensori svincolandolo da compiti di marcatura e chiedendogli di supportare i compagni in fase di raddoppio. Nasce il ruolo di “libero” e con lui il “verrou”, ovvero il Catenaccio (vedi foto in copertina).
Lo schema tattico tanto cara all’Italia pallonara, dunque, ha origini straniere. Ad importarlo nei confini nazionali furono due triestini, Marco Villini (allenatore dell’Alabarda), Nereo Rocco e l’allora allenatore della Salernitana Gipo Viani.
Il “verrou”, riletto in chiave italiana sono l’emblema della genialità e della strategia dei nostri allenatori. Pensate alla Salernitana, squadra limitata a livello tecnico, che nel 1947-1948 riuscì a tenere testa a molte squadre più importanti e, addirittura, a passare in vantaggio, nella gara casalinga, contro il “Grande Torino” di Valentino Mazzola.
In quella stagione, Gipo Viani inventò uno stratagemma che ebbe un notevole effetto sorpresa nei confronti delle squadre avversarie. Il “vianema” era così impostato: scendeva in campo col numero nove, schierato nella formazione iniziale da centravanti, (di solito era Piccinini, padre del noto giornalista televisivo – ndr) che appena iniziata la partita retrocede sino a marcare il centrattacco avversario, liberando così il proprio stopper dai compiti di marcatura. Via dallo scacchiere tattico, dunque, un attaccante a favore di un difensore.
L’altra variante è quella proposta da Nereo Rocco sin dai tempi in cui allenava la Triestina alla fine degli anni 40′. Il maestro italiano del Catenaccio mantiene due punte (un centravanti e un’ala offensiva) e liberando la fantasia di trequartista, il classico numero 10 come Humberto Rosa al Padova e Gianni Rivera, poi, al Milan. Il suo obiettivo era di mantenere piuttosto “fornito” il centrocampo come nel tradizionale “verrou”. Nel sistema utilizzato dal Rappan, anche quando era C.T. della Nazionale Svizzera, troviamo due mediani di rottura e un’ala tornante, buona per lanciare i contropiede.
Alfredo Foni ispirandosi a Rocco fu il primo allenatore a vincere uno scudetto utilizzando questo sistema di gioco. Parliamo dell’Inter della stagione del 1952-53. Il modulo da lui utilizzato, tradotto in termini numerici, potrebbe essere definito un 1-3-3-3. Gianni Brera definì il catenaccio un gioco formidabile per i “poveri” per coloro che devono massimizzare le scarse risorse di cui dispongono per poter competere a buoni livelli.
Nereo Rocco, invece, sarà il primo allenatore a vincere la Coppa dei Campioni nel 1963 col Milan.
L’ultima evoluzione del catenaccio italiano è Helenio Herrera quando il genio nerazzurro intuisce per primo l’importanza della preparazione atletica e ridisegna il canovaccio base italiano. Gli attaccanti dai tre del “verrou” originale ne lascia in campo solo uno a cui molto spesso vengono delegati i compiti della boa offensiva, ma nella linea di centrocampo si affida ai piedi fini di Luis Suarez e attacca gli spazi con giocatori di movimento come Jair, Mazzola e Corso. Introduce, inoltre, il terzino fluidificante, utilizzando come interprete di questo ruolo un giocatore delle qualità di Facchetti. Il giocatore, che parte dalla retroguardia, non è privo, però, da compiti in marcatura.
Il calcio italiano per secoli definito difensivista o catenacciaro non ha però mai rinunciato alla classe dei liberi come Blason fino ad arrivare a Franco Baresi senza tralasciare Gaetano Scirea; dei fludificanti come Facchetti, Cabrini o Paolo Maldini; le ali o a volte definiti tornanti di sacrificio come Meroni, Claudio Sala, Causio e Conti. Poi i nostri numeri dieci, quelli che accendono il gioco, illuminano come Rivera e/o Mazzola. Ma tanti altri giocatori di qualità sono passati ed esaltati da questo schema che tutti ci deridevano ma che ha dato lezioni di calcio e di tattica a tutta l’Europa pallonara (e non solo).

alfonso.pierro@libero.it

“A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” 
(Nelson Mandela).