“E se te dico che la indosserai più di seicento volte? A me ne basterebbe una di partita“, con questa frase di un ipotetico discorso, estratta dalla lettera di “capitan futuro”, possiamo ammirare davvero la grandezza di quest’uomo e ciò che ha trasmesso alla sua squadra e al nostro calcio. Terminerà stasera la sua avventura in maglia giallorossa, con all’attivo il record come giocatore della Roma che conta più presenze e gol in Nazionale e con 21 goal è, inoltre, il calciatore non attaccante più prolifico nella nazionale del dopoguerra. Con la maglia giallorossa ha vinto due coppe Italia e una supercoppa italiana oltre che al leggendario mondiale del 2006 in Germania. Daniele nell’introduzione della sua lettera parla di “una fortuna mai data per scontata e per la quale non sarò mai abbastanza grato” in riferimento alla sua seicentosedicesima partita in giallorosso, la squadra per la quale il centrocampista farà per sempre il tifo: “Grazie ai tifosi della Roma, i miei tifosi. Mi permetto oggi di dire miei, perché l’amore che mi avete dato mi ha permesso di continuare ad essere in campo parte di voi. Siete stati la ragione per cui tante volte ho scelto di nuovo questa città”. Tra i tanti saluti che De Rossi fa in questa breve lettera, risaltano all’occhio le parole per Francesco Totti e per Alessandro (Florenzi ndr) che erediterà la fascia: “Grazie a Francesco. La fascia che ho indossato l’ho ricevuta dalle mani di un fratello, di un grande capitano e del calciatore più straordinario al quale io abbia mai visto indossare questa maglia. Non capita a tutti di giocare 16 anni accanto al proprio idolo. Riconsegno questa fascia, con rispetto, ad Alessandro. Un altro fratello che sono sicuro ne sia altrettanto degno”. Non mancano anche parole al miele per la sua famiglia e per i luoghi in cui è cresciuto: “Grazie a papà e mamma per avermi cresciuto trasmettendomi due valori che sono ogni giorno con me: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso e dai una mano a chi è in difficoltà. Grazie a Ostia, alla sua gente e al suo mare, che mi hanno svezzato da bambino, accompagnato da adolescente e riaccolto da adulto. Grazie anche a chi mi ha sopportato e supportato tra le mura di casa: senza Gaia, Olivia e Noah e soprattutto Sarah sarei la metà dell’uomo che sono oggi”. Non manca poi una chicca finale, con un chiaro riferimento alla sconfitta nella finale di coppa Italia del 2013 e sugli scenari futuri della società: “Il 26 maggio di qualche anno fa abbiamo vissuto una giornata dopo la quale pensavamo di non poter tornare a sorridere. Lo pensai anche io, finché non vidi il tatuaggio di un tifoso con scritto “27 maggio 2013, eppure il vento soffia ancora”. Non so a chi appartenesse questo tatuaggio, ma so che il vento ricomincerà a soffiare anche da questo 27 maggio […]. Ora, il regalo più grande che mi potete fare è mettere da parte la rabbia e tutti uniti ricominciare a soffiare per spingere l’unica cosa che ci sta a cuore, la cosa che viene prima di tutto e tutti, la Roma”.
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