Domenica da “lacrime e brividi”: ricordo di Astori, Genova si ferma per 43 minuti
Sbattere il mostro in prima pagina è sempre molto semplice, soprattutto quando si tratta di calcio e si incappa nell’errore di generalizzare e additare gli ultras e le tifoserie come “violente” o pericolose per il sistema. In realtà il mondo dello sport è permeato di valori sani e genuini che possono essere educativi per i più giovani, storie che meriterebbero le prime pagine dei giornali e di essere raccontate per settimane intere affinché siano di insegnamento per tutti. “Oltre ogni rivalità…vicini alla città di Cosenza” si leggeva per esempio nella curva Sud dell’Arechi sabato pomeriggio, quando i gruppi ultras hanno espresso grande affetto e vicinanza al popolo calabrese dopo la tragedia dei giorni scorsi. Anche a Firenze scene da libro Cuore e tanta sincera commozione. Nello spogliatoio, poco prima dell’ingresso in campo delle squadre, i dirigenti e il tecnico Stefano Pioli hanno voluto ricordare l’ex capitano Davide Astori, prematuramente scomparso a marzo a causa di un arresto cardiaco. La sua maglietta è stata esposta insieme a quelle di tutti gli altri calciatori, con la scritta “Sei sempre con noi” e l’approvazione di tutto lo stadio. L’Artemio Franchi ha riservato una standing ovation anche al difensore del Chievoverona Tomovic che, dopo aver segnato il gol del 4-1, ha alzato gli occhi al cielo visibilmente commosso indicando il numero 13 con le mani per ricordare quello che era stato anzitutto un suo amico e poi un compagno di squadra. La Fiesole ha apprezzato ed ha intonato un coro da brividi per un ragazzo che era entrato nel cuore di tutti non solo per le sue grandi qualità calcistiche, ma anche e soprattutto perchè era una persona seria, umile e un ottimo padre di famiglia.
Non poteva che essere emozionante anche l’impatto del Genoa sul campionato italiano dopo il dramma di dieci giorni fa. 43 le vittime, 43 i minuti in cui lo stadio ha deciso di non tifare in segno di lutto, rispetto e commemorazione. Al 43′ i 18mila presenti hanno iniziato a sventolare le bandiere sciogliendosi in un lunghissimo applauso mentre sul tabellone luminoso del Ferraris comparivano i nomi di tutte le persone che mai avrebbero immaginato di incamminarsi verso l’ultimo viaggio prima della fine, nel modo più banale e tremendo. “In quel momento tutti avremmo voluto fermare la partita per unirci alla gente ed applaudire chi purtroppo non c’è più. E’ nostro obbligo, attraverso il calcio, provare a regalare un sorriso e una speranza ad un popolo profondamente ferito e che deve rialzarsi. Non sono stati giorni semplici, il clima era surreale. Il mio pensiero va a tutte le famiglie delle vittime” il commento del tecnico Ballardini, mentre ad Udine anche i tifosi della Sampdoria hanno ricordato i 43 morti con striscioni, cori e lacrime sincere. Un fine settimana, dunque, all’insegna di quei valori che il calcio stava perdendo, ma che riesce sempre a ritrovare quando si tratta di sposare cause molto più nobili di un pallone che rotola in una rete. Ancora una volta lo sport ha saputo unire tutt’Italia, da Nord al Sud, formando un ideale abbraccio collettivo che lascia in eredità un messaggio di speranza e di forza a chi sta soffrendo. Ma non sarà mai solo.
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