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Fabrizio Liberti: intervista al portavoce di “Io non porto lo sponsor”

Il nome della nostra testata evidenzia esplicitamente la linea editoriale che ci contraddistingue. Pertanto, con la speranza di avvalerci di savoir-faire nello scrivere circa determinati argomenti e animati dall’auspicio che i veri valori dello sport possano emergere, stiamo trattando un delicato tema, riguardante una problematica ormai dilagante nel calcio odierno: l’imperante asservimento al dio denaro a discapito della cura delle capacità tecniche degli addetti ai lavori e degli atleti. Sull’onda di questo percorso iniziato ieri, abbiamo raccolto la testimonianza di Fabrizio Liberti, ex difensore ed attualmente responsabile di un’Accademia che porta il suo nome.

Un anno e mezzo fa ti rendesti portavoce di una iniziativa forte: ce ne parleresti?

“Volentieri. Fui chiamato da una squadra di serie D per divenirne l’allenatore. Dopo i colloqui di rito, poco prima della firma sul contratto, ricevetti una richiesta di 30.000 euro da dover sganciare per sancire l’accordo ed essere il nuovo allenatore della predetta compagine. Naturalmente rifiutai: sono una persona leale, eticamente corretta e sono un fervido sostenitore della professionalità. Pertanto decisi di rendermi portavoce di questo disagio, di cui avevo sentito le voci di corridoio e era stato vissuto dal sottoscritto in prima persona, optando per “Io non porto lo sponsor” come slogan dell’iniziativa. Mi fece immensamente piacere vedere tanta partecipazione da parte anche di ex colleghi, anche illustri come Ciccio Baiano o i gemelli Filippini. Da quel momento in poi ho deciso di virare totalmente, aprendomi un’Accademia che porta il mio nome”.

Raccontaci, dunque, di questa lodevole iniziativa

“Il disagio di cui sono stato vittima in prima persona si verifica anche fra i giovani atleti. Spesso e volentieri si ritrovano a pagare rette annuali presso le società di appartenenza. Poi, un bel giorno alcuni finiscono per essere scartati nel corso di selezioni e smettono di giocare a calcio, perdendo fiducia nei propri mezzi e risultando vittime di un sistema malato. Premesso che aborro dall’idea che i ragazzi debbano essere giudicati per il loro operato sul campo da calcio in età, ho deciso di venire incontro a tutti coloro i quali hanno bisogno di ritrovare autostima, facendo rinascere in loro la voglia di giocare a calcio. Nel mio staff ci sono persone di una certa preparazione come Cristian Muzzachi, Mirko Mancini e Fabrizio Romondini. Personalmente coordino tutta la macchina organizzatrice, ma non riesco a resistere al richiamo del prato verde e sono sempre al lavoro sul campo. Lavoriamo principalmente a Roma Nord e cerchiamo di fungere da punto di riferimento per tutti i ragazzi della zona, così come quelli delle borgate di Roma Sud, affinché possano rivivere emozioni sopite. Purtroppo capita sempre più spesso che alcuni bambini diventino dei bancomat! Poiché questo sistema mi fa schifo, cerco di differenziarmi attraverso questa iniziativa”.

Perché in Italia, a tuo avviso, siamo anni luce indietro rispetto alle altre nazioni?

“Finché l’interesse economico prevarrà su qualsiasi cosa, saremo sempre su un’altra lunghezza d’onda rispetto ad altre nazioni. Finché allenatori pagheranno per allenare e alcuni ragazzi saranno tagliati fuori non per motivi tecnici dalle loro realtà di appartenenza, non vedo possibilità di miglioramenti. Personalmente ritengo che il segreto per uscire da questo empasse culturale a livello sportivo sia innanzitutto quello di garantire che gli allenamenti di atleti in tenera età siano tenuti da personale realmente qualificato. Spesso capita, ad esempio, che laureati in scienze motorie, naturalmente predisposti ad essere preparatori atletici per via delle competenze maturate attraverso gli studi da loro intrapresi, si improvvisino tecnici, senza esserne in grado. Poi naturalmente ci sono delle mosche bianche nel settore, ossia allenatori preparati che, attraverso la gavetta, sono riusciti ad emergere, dimostrandosi grandi cultori della tecnica di base degli atleti. Io andrò avanti in questa direzione, sperando di raccogliere in futuro quanto attualmente sto seminando”.

corradobarbarisi@hotmail.it

Ingegnere elettronico di primo livello. Giornalista pubblicista dal 26 novembre 2015