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FEDERICA DI PACE (RUGGI BASKET): “PALLACANESTRO? UNA PASSIONE NATA PER CASO”

Un amore sbocciato per caso e dopo aver provato diverse discipline. Alla fine però Federica Di Pace, attuale giocatrice del Basket Ruggi Salerno, ha scelta la pallacanestro e non si più staccata da questo sport. Nonostante alcune difficoltà e la priorità sempre data allo studio che non le ha permesso di calcare palcoscenici più importanti, Federica Di Pace è riuscita comunque a ritagliarsi un suo spazio importante nel campo della pallacanestro femminile.

A che età ti sei avvicinata al basket e come è nata la tua passione per la pallacanestro?

“La mia passione per la pallacanestro è nata un po’ per caso. Quando ero piccola ho provato diverse discipline: nuoto, ginnastica, atletica, tennis … ma poi quando mi sono ritrovata la palla tra mani, non mi sono praticamente più staccata. Proprio per questo motivo, mi sono avvicinata a questo sport relativamente tardi, a 10 anni”.

Il basket viene definito uno sport prettamente maschile, quali difficoltà hai trovato ad importi in questo sport?

“La pallacanestro, come tanti altri, è considerato uno sport prettamente maschile e soprattutto a Salerno, in cui questa pratica sportiva non è particolarmente seguita, è difficile per una femminuccia poter emergere. Sono infatti pochissime le società che si occupano di pallacanestro femminile, raggiungendo anche buoni risultati: io mi ritegno fortunata, grazie anche a consigli di amici ho trovato il Basket Ruggi, squadra in cui sono cresciuta e in cui oggi milito sia come giocatrice che nella mia prima esperienza da allenatrice di un gruppo femminile”.

Aneddoti e curiosità relativi alla tua carriera da giocatrice di basket?

“Ce ne sarebbero davvero tanti, tutti indimenticabili, ma uno che è stato spiacevole e divertente nello stesso tempo, rimane il mio preferito. Circa tre stagioni fa, eravamo in viaggio per una trasferta a Napoli con la mia squadra di serie B, viaggiavamo con più auto vista la presenza anche di dirigenti, staff tecnico e qualche genitore, poiché il tempo era davvero inclemente ed in lontananza si intravedeva un piccolo uragano mi chiamò la mia grande compagna di squadra Ada Valisena, la quale in auto con altre ragazze, mi disse di essere rimasta bloccata per il temporale e che alcune atlete, per la paura, si erano sentite male. Al che mi attivo subito per contattare il presidente e comunicargli l’emergenza, ma lui come altri, rimase impassibile alla mia comunicazione. In sostanza, trascorsi il viaggio in ansia e preoccupata per le mie compagne e mi faceva strano anche il fatto che nessuno oltre me, si stesse realmente preoccupando. Intanto, continuavo a ricevere telefonate preoccupanti da Ada per cui la mia ansia aumentava sempre più. Arrivo comunque al campo e mi dirigo negli spogliatoi per provare a ricontattare l’auto bloccata e una volta entrata mi ritrovo un bel “buu” e risate delle mie compagne per questo scherzo, affermandomi più volte la facilità con cui io riesca essere vittima di queste beffe”.

Il momento più bello e, se c’è stato, il momento più brutto della tua carriera?

“Momenti belli e brutti se ne susseguono spesso. Le vittorie rappresentano sicuramente la parte bella, mentre le sconfitte la parte brutta, ma è proprio da queste che si ha la maggiore crescita cestistica e non solo. La vittoria della Coppa Campania nel 2015, è sicuramente un ricordo bellissimo, come anche la prima vittoria del campionato di serie C nel 2008 in cui io avevo soli 14 anni o le finali interzonali con le giovanili, in cui ho avuto la possibilità di affrontare giocatrici, oggi nel giro della nazionale. Tanti momenti, tantissimi … belli e brutti, che sicuramente mi hanno reso ciò che sono oggi. Non vedo l’ora di viverne altri per avere cosi la possibilità di migliorare sempre più come persona, giocatrice ed educatrice”.

Infine, quali difficoltà hai trovato nel coniugare sport e studio, vista la recente laurea che hai conseguito?

“Difficoltà ce ne sono indubbiamente state. Proprio per la priorità a cui ho sempre dato allo studio, fin dai primi anni del liceo, ne è derivata la mia scelta di non continuare, quando ne ho avuto la possibilità, a giocare anche fuori casa e in categorie superiori. Ma questa è una scelta di cui non mi sono mai pentita, ma che anzi mi ha dato la possibilità, attraverso tanti sacrifici, di conquistare a 24 anni due lauree, la possibilità di continuare a giocare ad un discreto livello da capitano della squadra e quella di diventare allenatrice”.

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