FOTO – Alla scoperta della ZO Rugby Popolare Salerno (prima parte)
“La più bella vittoria l’avremo ottenuta quando le mamme italiane spingeranno i loro figli a giocare al rugby se vorranno che crescano bene, abbiano dei valori, conoscano il rispetto, la disciplina e la capacità di soffrire. Questo è uno sport che allena alla vita”.
Parafrasando il pensiero di John Kirwan, ex allenatore della nazionale italiana di rugby e di quella neozelandese, abbiamo riscontrato una lodevole realtà che opera nel territorio salernitano, sia in ambito femminile che in ambito maschile: la Zona Orientale Rugby Popolare Salerno.
Abbiamo, pertanto, intervistato atleti di ambedue le compagini per un racconto a 360° sul mondo della palla ovale. Proponiamo di seguito le interviste realizzate ad Amelia Fortunato e Giorgia Esposito, mentre prossimamente faremo un focus sulla rappresentativa maschile.
Com’è nata la passione per il rugby?
Amelia: “Questa passione è nata un po’ per caso. Sono sempre stata una grande appassionata di sport. Ho conosciuto un ragazzo di nome Pasquale, ora a Los Angeles per questioni lavorative, il quale mi parlò della realtà di cui attualmente faccio parte e mi sono avvicinata al rugby. Avevo già una certa conoscenza pregressa del mondo ovale in relazione alla passione inculcatami da mio fratello e per alcune partite del Sei Nazioni viste. Mai avrei immaginato di praticare questo sport. Ci sono tanti pregiudizi: in primis, sul fisico. Tipica frase è ‘con quel fisico, come puoi pensare di fare rugby?’ A questi rispondo dicendo che il rugby, pur essendo uno sport di contatto, consente a tutte le atlete, indipendentemente dalla loro corporatura, di esprimersi adeguatamente in campo, nel ruolo maggiormente confacente alle caratteristiche di ognuno: non è il ballo, dove magari serve una taglia 38 a tutti i costi”.
Giorgia: “Mi sono avvicinata a questo sport grazie a mia cugina Amelia. Il primo anno ero scettica, poi ho riscontrato dei cambiamenti nei miei atteggiamenti: prima ero restia finanche ad eseguire esercizi a corpo libero sul prato o nel fango, successivamente ho trovato una serenità tale da sbloccarmi e consentirmi di esprimermi liberamente. Sto vivendo un’esperienza bellissima, in un gruppo eterogeneo e dinamico: siamo una grande famiglia. Sebbene a prima vista nessuno scommetterebbe un euro sulla nostra capacità di fare gruppo, abbiamo superato tanti stereotipi ed ora siamo legatissimi fra di noi”.
In che ruolo giochi?
Amelia: “Sono un mediano di apertura. Ricevo palla dal mediano di mischia, fungendo da collegamento per servire le trequarti. Pertanto, un mediano di apertura solitamente dispone di una buona qualità nei passaggi. Diciamo che sono, per certi versi, il metronomo della squadra. Non sono chiamata ad effettuare i tiri da 3 punti tipici del rugby a 15 perché giochiamo il rugby a 7, più dinamico e rapido, in un campo avente dimensioni ridotte”.
Giorgia: “Sono una trequarti/ala. Sono solitamente colei la quale deve prendere palla in zona offensiva per andare a meta, facendo leva sulla velocità.”.
Qual è il momento più bello della vostra esperienza finora?
Amelia: “Una volta giocammo un match senza mister e senza tifoseria al seguito: ciononostante giocammo alla grande e, pur perdendo la sfida, alla fine ricevemmo elogi da parte delle avversarie”.
Giorgia: “Indelebile la mia prima meta in un concentramento internazionale a Roma. In una gara disputata insieme a ragazze spagnole di Alicante, presi palla nella nostra metà campo e mi catapultai verso la metà campo avversaria, correndo a più non posso e riuscendo, sebbene fossi allo strenuo delle forze, a completare l’opera, realizzando la tanto agognata meta”.
Dove si allena e gioca le gare interne la squadra?
Amelia: “Giochiamo le gare interne ad Avellino, presso l’impianto Manganelli. Purtroppo, non ci sono spazi adeguati in città per evitarci tanti km da macinare pur di disputare le nostre gare interne”.
Giorgia: “Ci alleniamo presso il Parco Mercatello, nello spazio antistante l’orto botanico, ed anche al Vestuti. Abbiamo intessuto un rapporto di collaborazione anche con la società dell’Arechi Salerno: alcune ragazze dell’Arechi giocano in prestito da noi”.
La società persegue la strada della “squadra meticcia”: cosa si intende?
Giorgia: “Dal momento che siamo una compagine che aborrisce ogni forma di prevaricazione, violenza, sessismo o razzismo, ci impegniamo per garantire l’integrazione anche di atleti di colore. Uno di loro è riuscito anche a segnare una meta giocando con noi e di questo siamo orgogliosi”.
Com’è andato l’evento “Metis Cup?”
Giorgia: “Bene. Abbiamo organizzato un torneo di beach rugby per sponsorizzare il festival Metis, volto a promuovere le intersezioni fra popoli e culture. Molto faticoso giocare sulla sabbia ed organizzare l’evento, ma possiamo dichiararci soddisfatti”.
Quali consigli daresti per migliorare la situazione nel mondo del rugby?
Amelia: “Garantirei più spazi dove praticare la disciplina sportiva. Ciò consentirebbe di trattenere sul territorio potenziali campioni come Giada Franco, emigrata, invece, in Inghilterra per fare fortuna, in fuga un po’ alla stregua dei nostri cervelli in mobilità dalle università. Da parte nostra non sono mai mancate iniziative e proposte: sarebbe auspicabile ci fossero maggiori riscontri da parte delle istituzioni”.
Giorgia: “Personalmente, darei un impulso maggiore al lavoro da profondere nelle scuole, coinvolgendo i ragazzini in eventi ed iniziative che possano avvicinarli a questo sport meraviglioso”.