Grande Torino, settanta anni dalla grande tragedia
“Il segreto di Valentino Mazzola e del grande Torino è il famoso quarto d’ora granata. Questo momento esiste anche nella vita, ed è quando devi rimboccarti le maniche. In questo momento capisci che deve andare tutto per il verso giusto“. Con questa frase, ripresa da un famoso film, veniva presentata la figura del “Grande Torino”, una squadra che ha lasciato segni indelebili nel mondo del calcio e una ferita ancora oggi difficile da risanare. Rimboccarsi le maniche era ciò che davvero caratterizzava lo spirito di questi atleti, umili e sempre pronti a superare i tanti problemi che caratterizzavano quel periodo storico come guerra e povertà. Sono stati i sacrifici e i loro grandi valori umani a tenerli uniti durante i loro campionati all’insegna di un dominio tecnico e tattico che aveva pochi eguali nel calcio mondiale. Il fulcro di questa squadra era il proprio capitano, un uomo che a soli 13 anni si è gettato in un fiume per salvare la vita a un ragazzino che era quasi annegato e che durante la guerra vedeva nel lavoro in fabbrica la sua unica via di salvezza. I cinque scudetti di fila sono solo una logica conseguenza di un gruppo di ragazzi che vedeva nel calcio quel sogno di una vita che i regimi fascisti gli stavano spezzando e nel lavoro il mezzo fondamentale per essere ricordati come eroi. Il famoso “quarto d’ora” non è solo l’arco temporale nel quale si alzava il tasso tecnico delle giocate, ma quell’istante nel quale vedi alle tue spalle i tuoi sogni e i tuoi sacrifici e davanti a te solo la forza di fare qualcosa di straordinario per la gente. Si narra che il quarto d’ora venisse scandito da un suono di tromba da parte di un tifoso, ma questi calciatori hanno avuto il merito di trasformarlo in una dolce e incantevole melodia che noi chiamiamo ancora oggi GRANDE TORINO.