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LA MIA SALERNITANA

Tutto è iniziato a causa del mio ‘eclettismo’. Non immaginavo che accettare una proposta di collaborazione di un vecchio Amico mi avrebbe proiettata in una dimensione, fino ad allora, conosciuta solo in superficie: quella del calcio, dello stadio, del tifo, della tribuna e della sala stampa.

Rapita, principalmente, dal rito e dalla drammaturgia sociale di questo fenomeno social-sportivo nonché dall’identificazione attorno ai calciatori, con il passare delle settimane mi sono ritrovata avvinta da un turbinio di emozioni ‘nuove’. Ho compreso, così, la ragione per la quale uomini e donne, bambini ed adulti con diversi argomenti di discussione, interessi, priorità e stili di vita fanno di questa passione un fenomeno sociale e interculturale di notevoli dimensioni. È tanto lapalissiano che il calcio sia non solo passione, ma business e che sia uno dei settori economici più importanti nel nostro paese quanto è evidente la genuinità del trasporto che anima i tanti appassionati.

Essere ospitata in tribuna stampa è stata un’opportunità, ho potuto toccare con mano tanti aspetti di questo sport tra cui, quelli relativi alla socializzazione, all’aggregazione e alla competitività. Avere la possibilità di guardare il dispiegarsi di questo fenomeno dal ‘punto estremo del mondo stadio’ è stato come guardare un fenomeno con lenti amovibili di colore diverso che consentono di ricevere e analizzare i dati dall’esterno in tanti modi.

Se è vero che mi è sempre stata riconosciuta la capacità di scoprire il buono che c’è in ciascuno è pur vero che non è stato affatto difficile farlo in questo scenario dove non solo ho ritrovato vecchi amici giornalisti ma ho avuto la possibilità di conoscerne di nuovi, di grande professionalità che non hanno perso tempo a farmi sentire una di loro. Persone con la capacità di capire che anche l’insuccesso non è una sconfitta ma uno stimolo a rialzarsi e ricominciare e hanno mostrato di saper lavorare bene insieme agli altri con impegno e in armonia. Stewards, alcuni dei quali con titoli che farebbero impallidire un manager che si rispetti, e professionali membri dei vari staff, da quelli della manutenzione ascensoria quelli del buffet, hanno saputo colorare anche le giornate di campionato più grigie. Una squadra, fuori dal campo,poliedrica e ben selezionata, rappresentante di quella parte di cittadini attenti, di buona volontà, capaci di lavorare valorizzando ciò che è in grado di unire una comunità intera, la Salernitana.

In questa suggestiva cornice, nello Stadio Arechi, sotto l’egida di quatto bandiere che rappresentano l’Hippocratica Civitas, il logo di Salerno, l’Italia e la Comunità Europea, ho visto giocare la Salernitana, una squadra di serie B il cui inizio e la cui finenon sono scritti sul campo da gioco ma in obiettivi di ampia portata, così detti strategici che, come in qualsivoglia contesto pratico, necessitano di essere elaborati in modo adeguato, scritti e trasmessi a tutti i livelli interni ed esterni. Spesso però, nella vita, come nello sport, esistono anche situazioni nelle quali non si riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati e le aspettative sono deluse. Io ho sempre pensato da buona sportiva che saper perdere sia un grande vantaggio e che qualunque fallimento possa essere un grande maestro e non un becchino. Nel corso dei mesi passati ho sentito tanti discorsi provenienti da diverse parti, alcune volte autoreferenziali e con la forza del senso comune e del “sentito dire”, altre volte esplicatesi in chiacchiere in libertà e abdicazione allo spirito critico ma altre ancora rispettosi dell’anima di questo sport semplice e spettacolare allo stesso tempo. Ad oggi nulla è compiuto, si sente ancora la fiducia che, rimodulando le emozioni e riportando quanto accaduto ad una momentanea battuta d’arresto, una deviazione, che sta rallentando i progressi fatti fino allo scorso campionato, si potrà invertire la rotta. Aggiustare il tiro senza “rapimenti emotivi” è possibile, sebbene siamo davvero agli sgoccioli, ed io ci credo, non fosse altro che per tutta l’energia positiva che ho sentito in questi mesi.

Prendere con attenzione la mira, dopo aver attinto a tutte le risorse disponibili ed aver fatto i conti con i propri limiti, è l’unico modo che resta per centrare il bersaglio e restare in serie B. Se ciò non accadrà la vicinanza che lega la squadra ai tifosi e a quanti ruotano intorno a tale realtà, me compresa, non cambierà ed io, comunque, mi sarò divertita. Forza Salernitana!

Paola Dello Iacono

redazione@ilbellodellosport.it

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