MAURO BERRUTO E QUELLA “CURIOSITÀ” VERSO IL MONDO CHE FA LA DIFFERENZA
di Giovanna Di Giorgio
È il pensiero che fa la differenza. La capacità di ragionare. E la visione. Altrimenti non si spiega come chi a pallavolo ha solo giochicchiato possa aver vinto da coach, tra le altre, una medaglia alle Olimpiadi di Londra 2012. Né come, senza aver mai scoccato una freccia «manco nei villaggi estivi», possa aver conquistato un oro agli Europei di Tiro con l’arco di Legnica con il Mixed Team (la squadra formata da un uomo e una donna) dopo circa due mesi che ne era diventato allenatore. Lui è Mauro Berruto, ex CT della nazionale maschile di pallavolo e attuale direttore tecnico della Fitarco, la Federazione italiana di tiro con l’arco (oltre che allenatore del Mixed Team, appunto). E sebbene sostenga che sia «difficile quantificare il peso del mio percorso universitario rispetto ai risultati sportivi», ammette che «certamente un certo approccio a una visione, come vogliamo chiamarla, olistica? è senz’altro eredità di un po’ di studi filosofici». Lui, infatti, è laureato in filosofia.
Ecco: la filosofia. L’amore per il sapere. Dunque il pensare. Il pensiero che va oltre, che si fa ricerca continua. E non importa tanto di cosa, quanto di come si fa ricerca. È il metodo filosofico, insomma, che fa la differenza. L’approccio alle cose. Ma, nel caso di Mauro Berruto, torinese doc che è stato pure AD di Scuola Holden, non soltanto: «Forse – spiega – mi ha aiutato in particolare la mia disciplina di laurea, che ho amato alla follia all’università: l’Antropologia culturale». E aggiunge: «La capacità di restare fuori da un certo tipo di “giudizio”, quella di osservare sul campo e quella legata allo studio delle dinamiche di percorsi di costruzione di identità – dice – ha certamente a che fare con un organismo che ho conosciuto da vicino e che porta il nome di “squadra”».
Già, la squadra. Quella che si nutre delle differenze, intese «come una ricchezza e non come una minaccia». Consapevolezza, anche questa, maturata grazie agli studi e alla «ricerca sul campo in Madagascar» per realizzare la tesi di laurea. «La vera fortuna della mia carriera è stata quella di essere stato a contatto con situazioni e contesti differenti – racconta Berruto – Costruirmi una certa idea del mondo, e del modo di stare al mondo, attraverso l’idea di esplorarlo, quel mondo, con una abilità fondamentale che è la curiosità. La curiosità, insieme alla fatica intesa nel senso più nobile del termine, sono le due cose che ho imparato a scuola e che credo siano ciò che ha accompagnato le cose che ho fatto e che faccio. E che farò».
Sport, dunque, come fatica, esercizio, allenamento. Come disciplina. Ma anche come pensiero curioso e critico. Dunque filosofico. Mauro Berruto ne è forse l’esempio più lampante.