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Pittacolo, dalla paura della morte alla medaglia d’oro: “Ragazzi, attenti: la vita più cambiare in un attimo”

La storia che raccontiamo oggi ha uno scopo sostanzialmente duplice: trasmettere un pizzico di speranza a tutte quelle persone che quotidianamente combattono contro un destino alquanto crudele e far capire ai più giovani quanto la vita sia meravigliosa, ma allo stesso tempo pronta a cambiare nell’arco di un secondo. Michele Pittacolo è uno dei tanti campioni del mondo dello sport che ha trasformato una grande passione in quella componente fondamentale per superare una serie di ostacoli che sembravano insormontabili, lui che ha rischiato di morire, che è stato in coma, che ha temuto di chiudere la propria esistenza su una sedia a rotelle, ma che pochi giorni fa ha vinto l’ennesima competizione della sua straordinaria carriera dedicando immediatamente un pensiero a tutti i tifosi e i familiari che lo hanno sostenuto ed accompagnato nei momenti di maggiore difficoltà, quando la prima partita da vincere era quella della vita. Ai microfoni de “Ilbellodellosport”, Pittacolo ha raccontato la sua storia rivolgendosi a tanti ragazzi e alle famiglie, chiamate ad educare i propri figli attraverso un costante senso di responsabilità:

La vittoria dei mondiali di Paraciclismo rappresenta per lei il momento più alto della carriera?

“Madre natura mi ha dotato di un fisico forte e di qualche qualità importante, ma sicuramente il risultato ottenuto mi ha ripagato di tanti sacrifici e mi permette di credere ancora che la vita possa essere sorprendente e meravigliosa nonostante le difficoltà. Non ho avuto un’esistenza semplice: il coma, la paura della morte, i medici che non riuscivano mai a sbilanciarsi e che avevano detto ai miei parenti che la situazione era piuttosto grave. Ecco, quando ho vinto questa medaglia d’oro ho ripercorso in pochi secondi tutto quello che ho passato negli anni scorsi: sono orgoglioso, fortunato, felice, sereno e spero che la mia storia possa essere un esempio per tanti giovani che purtroppo non riescono a risollevarsi. Io per un anno non uscivo di casa, ero in depressione e avevo quasi vergogna di ciò che mi era successo: gli affetti più cari e la bicicletta mi hanno fatto rivedere la luce in fondo al tunnel, proprio per questo le vittorie hanno un sapore ancora più speciale”

Ci racconti un po’ la sua storia...

“Sono sempre stato innamorato dello sport e del ciclismo in particolare, sin da piccolissimo ho partecipato a tante manifestazioni e mi sono tolto grandi soddisfazioni. Non dimenticherò mai il 1991: vinsi una gara open-dilettanti a Parenzo e da lì iniziò una carriera molto importante, fatta di sudore e sacrifici. Nel 1995, per gioco, mi dilettavo con la mounatin bike e anche in questo caso sono riuscito ad arrivare a livelli molto alti, seguito sempre da uno staff di professionisti di ottimo livello e agevolato dalla mia forza fisica. Nel 2006 ho vinto il Master 2 italiano ed ho raggiunto l’apice della mia carriera, purtroppo nel 2007 ho dovuto un po’ mollare l’attività agonistica per impegni lavorativi pur senza dimenticare il mio grande amore. Nella pausa pranzo, mentre tutti i miei colleghi mangiavano, io tornavo in sella e mi allenavo per un paio d’ore a prescindere dalle condizioni meteo. Era la mia più grande gioia, provavo un senso di indipendenza e di libertà che solo chi ha la mia stessa passione può conoscere. Mi sentivo invincibile, felice di aver trasformato l’amore per lo sport in una ragione di vita…”

Quella vita che purtroppo è cambiata improvvisamente…

“Già, fu un giorno terribile di 11 anni fa. Fui investito da una macchina, trasferito d’urgenza in elicottero all’ospedale di Trieste. Per dieci giorni sono stato in terapia intensiva: prognosi riservata, ma le prime notizie non lasciavano trapelare nulla di buono. Come ho detto prima, la forza del mio fisico e la voglia di continuare a vivere hanno fatto la differenza e alla lunga, dopo aver sofferto e temuto tanto, ho ripreso una vita abbastanza normale che non poteva prescindere dalla passione per lo sport. In questo decennio il mio calvario è proseguito: nel 2008 fui ricoverato ed operato per la ricostruzione in resina artificiale di una parte del cranio destro, ciò ha comportato problemi nel linguaggio e nell’equilibrio quando camminavo. Successivamente ho subito un’altra operazione al braccio destro e la mia paura era quella di dover smettere per sempre di correre sulla mia amata bicicletta”

Lo sport, però, le ha salvato la vita…

“E’ vero. In quei periodi terribili ricordo che un amico mi regalò una bicicletta. Successivamente ho avuto modo di avvicinarmi ad una realtà poco conosciuta, ma molto importante e organizzata come il Paraciclismo: ero convinto che fosse una disciplina riservata soltanto a persone con difficoltà agli arti, invece rientravo anche io nel progetto perchè avevo subito dei danni a livello cerebrale. Una equipe di medici nazionali ed internazionali mi disse che ero idoneo per poter far parte di questo mondo e di questo sport e nel 2009, in Friuli, ho ripreso ufficialmente la mia attività conquistando ottimi risultati. Mi sentivo rinato, non ci sono parole per descrivere la gioia che ho provato. Ho preso parte anche ai mondiali che si sono svolti a Novara, ho vinto la cronometro e la corsa su strada e il Commissario Tecnico decise di premiarmi convocandomi per le gare di Manchester e ho vinto un altro mondiale. Ho battuto dei record cavandomela discretamente”

Quando è tornato in sella ha mai avuto paura?

“No, era una delle cose che desideravo di più nella mia vita e avere la possibilità di gareggiare ancora pur avendo rischiato di morire era un sogno che si realizzava. Ho scoperto un mondo nuovo, sono riuscito ad ottenere tanti riconoscimenti e ad innamorarmi di una disciplina che a tante persone come noi ha offerto una seconda opportunità. Negli anni sono arrivati altri risultati incoraggianti: nel 2012 bronzo alle Paraolimpiadi, nel 2013 ho subito un altro grave incidente durante un allenamento, ma anche in questo caso ho saputo rialzare la testa senza piangermi addosso fino a vincere il mondiale nel South Carolina nel 2014”

Poi l’ennesimo infortunio. Sembrava la fine, ma…

“Mi sono fatto male ad inizio anno, a Ferrara. Problema grave alle costole, trauma cranico e la consapevolezza che partecipare ai mondiali, stavolta, sarebbe stato durissimo per me. E alla fine eccomi qua, con un’altra medaglia nella mia collezione e la voglia di continuare a vivere questo sogno. Stavolta ha un sapore speciale: far bene nella mia terra, nel mio amato Friuli, tra la mia gente è un qualcosa di incredibilmente bello”

Si sente di dare un consiglio a chi purtroppo vive la sua stessa condizione?

“Cari ragazzi, la vita può cambiare in un attimo. Quando nel 2007 ho fatto l’incidente non indossavo il casco, oggi è diventato un inseparabile compagno di avventura. Spesso mi hanno invitato a presenziare ad una serie di convegni dedicati alla sicurezza e alla prevenzione, mi arrabbio molto quando i giovani dicono di correre in strada senza indossare le adeguate protezioni: la vita è un dono meraviglioso da custodire, basta una distrazione per mettere tutto a repentaglio e dover riporre i sogni nel cassetto. Spero tanto che chi leggerà questa storia capirà che l’amore per lo sport, per sè stessi e per chi ti vuole bene può permetterci di raggiungere risultati straordinari e di andare oltre le nostre effettive possibilità. Io ce l’ho fatta, sono felice e auguro il meglio possibile a chi oggi sta soffrendo, ma un domani potrà riscattarsi e vivere le mie stesse emozioni”.

FONTE FOTO INTERNET
Redazione Sport

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