Il ruolo dello psicologo sportivo, dietro le quinte della società
Lo sport è da sempre considerato elemento fondante per la crescita fisica, emotiva e sociale dei bambini. Favorisce l’apprendimento delle regole e l’accettazione dell’altro, stimola la regolazione della frustrazione, aiuta la concentrazione, educa alla cooperazione e consente di incrementare sia la propria self-confidence che l’autostima. L’opinione pubblica crede erroneamente che fare pratica sportiva sia solo un esercizio fisico e spesso viene tralasciata la sua funzione sociale; difatti lo sport è una valida fonte di aggregazione e di appartenenza sia per i ragazzi che per le famiglie. Gli affetti familiari, la scuola e lo sport hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo psicofisico dei giovani. In particolar modo i genitori devono incoraggiare ed incitare i propri figli a migliorare, a sviluppare un proprio modo di ragionare e stimolarli affinché si mettano in gioco e sfidino i propri limiti, nel rispetto dell’allenatore, dei compagni di squadra e dell’avversario. In Italia vi sono realtà sportive in cui tutto questo non sembra essere un’utopia e lo sport ha come perno centrale l’aspetto ludico, il divertimento e la creatività, favorisce il benessere psicofisico dell’atleta e crea una rete sociale tra adulti che diviene un ambiente protetto per i ragazzi, volto a contenere le emozioni sperimentate, a promuovere l’aggregazione e il rispetto. In altri contesti, invece, non vi è un ambiente sano e di sostegno in cui i genitori abbiano realmente compreso i limiti tra il proprio ruolo e quello del tecnico e l’importanza di accettare quanto stabilito dall’allenatore all’interno di una squadra per non destabilizzare gli equilibri. Alle volte i genitori proiettano i propri desideri e la propria competitività sui figli, urlano dagli spalti per spronarli a dare il meglio di Sé, li giudicano sulla base di una vittoria o di una sconfitta ma non è una partita che fa di lui un campione o un perdente. Le strida e le urla, l’incitamento a prevalere a tutti i costi sull’avversario sono atteggiamenti che vanno contro i principi morali ed educativi dello sport. Questi episodi non sono irreali ma accadono quotidianamente su qualsiasi campo sportivo di qualsiasi città e non ci si scandalizza più, non ci si fa più caso finché un allenatore non decide di interrompere una partita a causa delle urla violente e antisportive di un padre. Ciò è quanto accaduto domenica 8 aprile ad una partita di calcio di Esordienti 2006 tra la società Venaus e la G.S. Lascaris durante il quale un genitore ha dato sfogo alla propria rabbia non tenendo presente il confine tra il divertimento e l’agonismo. Da questo evento mediatico si potrebbe dedurre che questi ragazzi di 12 anni abbiano imparato che vincere è l’unica cosa che conta, che se sei un vincente in una partita di calcio lo sarai anche nella vita e che non conta il rispetto degli altri ma bisogna arrivare alla vittoria al di là di tutto. Sarebbe importante per questi atleti rafforzare, mediante la presenza di uno psicologo dello sport, il senso del gruppo creando degli obiettivi comuni, comprendere cosa vuol dire giocare di squadra e per la squadra ed accettare la sconfitta. La principale funzione dello psicologo dello sport con gli atleti è quella di allenare le abilità mentali di ciascuno per ottenere un miglioramento della prestazione; lavorare sulla loro motivazione intrinseca ai fini di evitare l’abbandono, sulle modalità di gestione dello stress e dell’ansia e sulla focalizzazione dell’attenzione con l’obiettivo di incrementare la loro autostima e favorire l’autonomia personale. Per poter svolgere un lavoro mentale è necessario: sia che gli atleti e lo staff prendano consapevolezza che le abilità influenzano la performance e che non sono elementi immodificabili ma, al contrario, possano essere allenati e migliorati; sia individuare i punti di forza dell’atleta o della squadra ai fini di potenziare la sicurezza in se stessi e il senso di autoefficacia trasformando i pensieri negativi (non ce la posso fare) in pensieri positivi (ce la farò). Esso però non avviene separatamente dall’allenamento tecnico e tattico, è indispensabile che venga integrato al lavoro dell’intero staff per favorire un’ottimizzazione della prestazione e del benessere psicofisico. Il lavoro dei psicologi sportivi è indirizzato non solo agli atleti o allo staff tecnico e dirigenziale, ma anche ai genitori allo scopo di far comprendere la funzione educativa che vi è alla base dello sport e la propensione dei giovani a modificare il loro comportamento osservando quello adottato dagli adulti che fungono da modello. Inoltre è importante coinvolgerli nelle attività organizzate dalla società così da sviluppare un senso di appartenenza e di identità e favorendo la costruzione di una rete sociale che sia un contenitore emotivo e supportivo per la crescita del ragazzo. In conclusione, nonostante i pregiudizi verso tale figura professionale, si può ritenere lo psicologo come un tassello sostanziale nei contesti sportivi come il calcio, nei quali spesso si dimentica che al centro di tutto ci sono i ragazzi, con le loro fragilità, la loro voglia di sperimentarsi, di relazionarsi e di divertirsi, e cui l’unico obiettivo diviene fabbricare campioni. I giovani non devono vivere i sogni degli adulti ma devono essere liberi di correre dietro un pallone per divertimento e passione; non possono essere dei fuoriclasse se prima non sono delle persone soddisfatte di Sé e di ciò che sono diventati o che potranno diventare. Genitori non crescete i vostri figli con le vostre insoddisfazioni ma incoraggiateli a seguire i loro desideri, solo così potranno essere vincitori nella vita e non solo nello sport.
Psicologa dello sport
Dottoressa Grazia Oliverio