SIMONE PERROTTA: “STIAMO PROPONENDO UN PROGETTO ALTERNATIVO PER FAVORIRE LO SVILUPPO DELLO SPORT IN ITALIA”
EBOLI – Incontrare un Campione del Mondo di calcio, sedersi a parlare della cosa che più ci fa piacere, vale a dire dello sport giovanile, è come vincere, per me una Champions battendo in finale il Real Madrid.
Siamo nella sede della Scuola Calcio Belardi, siamo com Simone Perrotta. La scuola calcio ebolitana è uno dei dieci centri in Italia dove parte il progetto formativo AIC (Associazione Italiana Calciatori), di cui è presidente Damiano Tommasi, ponendosì così, sempre più, come un modello di diffusione dei valori sportivi ed educativi in ambito giovanile.
A lui gli chiediamo perché nasce questo progetto AIC?
“Nasce perché vogliamo portare nel mondo del calcio giovanile un nostro progetto ben definito, non pensiamo che gli altri siano peggiori o meno importanti di questo, ma vogliamo portare in giro per l’Italia questo nostro modo di vedere il calcio nel mondo del settore giovanile”.
In che consiste questo progetto?
“Innanzitutto il nostro concetto importante e che noi non crediamo che già da piccoli bisogna pensare a vincere una partita, riteniamo che questo modo di fare non porta nessuna crescita nel ragazzo. Sappiamo bene che potrebbero essere in pochi a riuscire nel calcio, ma tutti dovranno camminare nel mondo degli adulti, prima o poi, e pensiamo che a questo debba mirare un allenatore-educatore”.
Ma cosa sta succedendo nel calcio giovanile?
“Succede che molti addetti ai lavori sono allenatori e pensano che il loro compito sia vincere, invece nei primi anni soprattutto bisogno educare e cercare di rendere più armoniosi i movimenti dei bambini ai quali mancano tutti quei giochi di strada che hanno forgiato le generazioni passate”.
Ma perché in Italia i giovani non emergono? quali le difficoltà?
“Devo dire che le Nazionali giovanili hanno dei buoni risultati e non è vero che noi non abbiamo buoni giocatori, quello che manca è l’anello di congiunzione tra la prima squadra e la Primavera, ad esempio”.
E quindi cosa avete proposto di fare?
“Qualcuno ha proposto di creare una categoria under 23, ma questa idea non cambia nulla se i ragazzi non giocano un altro tipo di calcio, un calcio più veloce dove ci sono pressioni e tanto altro ancora, inserire una categoria intermedia non serve a nulla. Noi crediamo nelle squadre B, nel senso che una società possa avere una vera e propria squadra iscritta in altra categoria e all’occorrenza poter giocare in prima squadra. Le squadre B devono però necessariamente giocare in campionati veri e non con i pari età, solo così si possono plasmare dei giovani e poterli far giocare in prima squadra. Di campioni che sono già pronti per il grande passo se ne trovano pochi, non tutti sono Francesco Totti, purtroppo. Allora che succede che le squadra per far formare i propri giovani devono mandare i propri atleti in giro per l’Italia, ma se uno di loro sbaglia la stagione è tagliato fuori per sempre o quasi. Invece, se si avesse la squadra B anche i giovani che sbagliano una stagione potrebbero avere ancora delle possibilità di crescere senza troppa fretta”.
Un esempio, per chiarire meglio il concetto?
“L’esempio è quello di Florenzi, per poter crescere la Roma lo ha mandato a Crotone, ha fatto bene ed ha avuto la possibilità di giocare in prima squadra, ma se avesse fallito? Quale futuro avrebbe potuto avere e avrebbe potuto rischiare di non riuscire mai a giocare in serie A”.
Noi pensiamo che un bambino debba provare a giocare diversi sport, voi della AIC cosa pensate a riguardo?
“Siamo allineati sotto questo punto di vista, bisognerebbe fare diversi sport perché a mio avviso abbiamo una grossa dispersione di talenti proprio per la mancanza di conoscenza delle proprie capacità e qualità”.