UN CUORE GRANATA IN CALIFORNIA: LA STORIA DI ANTONIO, AMICO DI….DEL PIERO
“Semplice, questa passione è quasi un secolo che padre e figlio si tramandano..è troppo forte questo sentimento che io porto dentro”. Canta così la curva Sud, un coro diventato tormentone e che ha permesso di raccontare al meglio quello che è il sentimento di una tifoseria che, dal 1919 ad oggi, ha tramandato di generazione in generazione l’amore viscerale per la squadra di calcio e per i colori granata. La storia che raccontiamo oggi è quella di Paolo ed Antonio Sessa, il primo abbonato da anni al settore tribuna e residente a Battipaglia, il secondo salernitano doc ed attualmente apprezzato cuoco e chef in California. Anche a distanza, Antonio segue con passione la Salernitana aggiornandosi tramite il padre e vivendo le emozioni dello stadio attraverso i video di youtube. Ai microfoni de “Il Bello dello Sport” entrambi hanno raccontato le loro emozioni e la storia di un amore intramontabile.
Antonio, la malattia granata te l’ha trasmessa tuo padre?
“Assolutamente sì, mio padre è tifosissimo della Salernitana e la domenica, a prescindere dal risultato, segue tutte le trasmissioni di Telecolore per aggiornarsi e smaltire eventualmente la delusione per la sconfitta. Sul finire degli anni Ottanta mi portava in curva al Vestuti, ricordo con immutata emozione la promozione in serie B targata Ansaloni e la grandissima festa della città di Salerno che ritrovava il calcio vero dopo anni di C. Tra i momenti più belli anche la trasferta di nascosto a Perugia: vincemmo 1-0 sotto la neve, gol di Bombardini”.
Paolo, tu invece come vivi l’amore per la Salernitana?
“Quando mi sono sposato ho detto a mia moglie che la domenica, per 90 minuti, non c’ero per nessuno: la Salernitana è una delle passioni più grandi della mia vita, condivisa con tanti amici che ritrovo sugli spalti a gioire e piangere con me. Da piccolo avevo una simpatia per la Juventus, poi vidi i granata e mi sono innamorato”-
Come avete vissuto il giorno della promozione in B?
Paolo: “Una gioia indescrivibile. Ricordo il mio abbraccio con Gaetano, Robin, Vincenzo, Umberto e Gabriele, quel gruppo che ho denominato “I ragazzi della serie D”. Partimmo insieme dalla sfida con l’Internapoli e ci ripromettemmo di vivere insieme la scalata verso la serie A. Ovviamente il primo pensiero è stato per mio figlio in California, idealmente ho abbracciato anche lui. Ecco la magia del calcio vero, quello che fa nascere amicizie e che unisce familiari lontani fisicamente, ma vicini col cuore…granata”.
Antonio: “Seguivo le partite su Sportube, ovviamente è stata una giornata speciale perchè ci ha riportato in serie B. Non avevo dubbi sulle potenzialità della squadra, della società e del pubblico, speriamo che Lotito e Mezzaroma possano riportare la Salernitana in serie A. Io ero giovanissimi quando vidi la massima serie, con l’abbonamento in curva Nord e l’orgoglio di aver raggiunto la categoria più importante. Indimenticabile l’invasione dei tifosi juventini che popolarono tutti i settori dell’Arechi tornando a casa a mani vuote: 1-0, gol di Di Vaio”
In California sappiamo che hai avuto modo di conoscere un calciatore famoso come Del Piero..
“Persona a modo e molto simpatica, con il lavoro che faccio ho conosciuto tanti giocatori. In California conosco alcune persone che sono azioniste della Roma di Pallotta, spesso parliamo di Lotito. A Coverciano feci autografare la maglia a Gennaro Gattuso che, nell’occasione, indicò in Salerno la tappa fondamentale per la sua carriera straordinaria. Ho conservato anche le foto con Fresi e Iuliano ed un quaderno con gli autografi di quei meravigliosi calciatori che ci portarono in B nel 1994: è la squadra che ho amato di più in assoluto, Pisano era il mio idolo”.
Paolo, tu sei invece una memoria storica: quale sarebbe il tuo undici ideale?
“Tra i pali Valsecchi, senza dubbio. Terzino destro Pigozzi, a sinistra Marchi: quest’ultimo segnò un grande gol contro il Bari, lo ricordo ancora oggi con gioia. Alberti al centro affiancato da Matteucci, i giornali nazionali lo definivano “l’attaccante aggiunto” per la sua capacità di segnare reti e di buttarsi nell’area di rigore avversaria quando le cose non andavano bene. Non posso non inserire nella formazione ideale anche Strada, Pantani, Daolio, Cignani, Tivelli e Prati. Fu un giorno triste quando si infortunò contro il Savoia, ma il destino volle che rientrò in campo proprio contro i partenopei segnando una doppietta. In panchina colloco Rosati, sulla società non ho dubbi: il duo Lotito-Mezzaroma. Ogni anno partivamo con l’obiettivo di stravincere il campionato, poi a novembre andavano via presidenti, allenatori e 3-4 giocatori. Solo chi ha vissuto 25 anni di serie C e due fallimenti può capire quanto siamo fortunati ad avere questa società”.
Antonio, da quanto non sei presente allo stadio?
“Dal campionato di Seconda Divisione, ero in tribuna con mio padre. Fa male non essere sugli spalti a cantare con gli amici, fa ancora più rabbia pensare che tanti salernitani restano a casa pur avendo l’Arechi a due passi. Lancio un appello: chi può vada allo stadio anche per chi lavora all’estero e deve seguire le gare in tv”.
I vostri ricordi più belli e più brutti?
Paolo: “Il Vestuti ci faceva respirare un clima speciale, la gara non iniziava fin quando l’arbitro non raccoglieva l’incasso e se venivano sfavoriti da qualche decisione tremavano le cancellate. Le emozioni sono state tante: dai derby vinti negli anni 70-80 alla cavalcata della serie A con Delio Rossi. Ricordo con tristezza, invece, che dopo la tragedia di Piacenza decisi di disertare lo stadio per un anno e mezzo: il dolore era troppo forte, ancora oggi c’è una ferita aperta nel mio cuore. E’ bellissimo, invece, pensare che dalla D siamo già in cadetteria, con una tifoseria che fa davvero la differenza: la coreografia con la Casertana è il fiore all’occhiello di tante scenografie che ci rendono unici ed inimitabili”.
Antonio: “Campionato 1989-90, promozione in serie B in un Vestuti pieno. Mia madre creò un’enorme bandiera granata con una B gigante in bella mostra, la sfoggiavamo con orgoglio in giro per la città. Come detto prima, ricordo con gioia anche la trasferta di Perugia del 2004; nel mio cassetto custodisco gelosamente un quaderno di autografi e la mia collezione di maglietta granata. Rammento, infine, la presenza di tante amiche americane all’Arechi: rimasero incantate dal nostro tifo, un pomeriggio fantastico”.
E di questa salvezza cosa pensate?
Antonio: “Ci sono state tante polemiche, io preferisco godermi il risultato raggiunto e ho appeso una bella bandiera granata nel locale. Sono fiero della mia Salernitana, l’importante è aver difeso la serie B e sono contento che tanti amici americani si siano affezionati alle vicende del cavalluccio marino”
Paolo: “Cambierei gran parte della squadra, ci siamo salvati ma ci hanno fatto soffrire. I fischi sono stati giusti, ma non è contestazione efficace riempire lo stadio e poi andare via a 10 minuti dalla fine. Ricordo ai più giovani che, una volta, la Salernitana cambiava un presidente all’anno e si parlava più di tribunali che di calcio: io mi terrei stretta questa società”.
Altro che allenatori, partite, calciatori e campionati: dal 1919 ad oggi la storia della Salernitana è scritta da chi la ama. Da Battipaglia alla California pulsa forte un cuore granata!