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VERONICA BRUTTI: “FIN DA PICCOLA HO SOGNATO DI GIOCARE A CALCIO. L’AMORE SMUOVE OGNI COSA”

Il suo sogno l’ha disegnato a cinque anni, oggi Veronica Brutti gioca nel San Bonifacio in serie B, collabora con l’AIC (Associazione Italiana Calciatori) e con la scuola calcio Hellas Verona (allena i bambini 2008) ed è responsabile tecnico del settore femminile e fa parte del Progetto Scuola.
“Per me questo disegno rappresenta molto”:

disegno di veronica a 5 anni

così con tutta la semplicità e la schiettezza che la contraddistingue, Veronica, si presenta togliendo la maschera che spesso tutti indossano quando sono alle prese con un giornalista.
Da lei dobbiamo cercare di farci raccontare quali sono i punti di forza e le criticità del mondo calcistico al femminile e le chiediamo come mai il calcio femminile in Italia non decolla così come è successo in altri Paesi del mondo: “Non solo una questione economica, credo che nel calcio femminile ci sia bisogno di competenza e professionalità. Fondamentale è, per chi ama questo mondo, sapere che una bambina/ragazza/donna è diversa da un bambino/ragazzo/uomo sotto tanti punti di vista e quindi non si può pensare di allenare una donna come si allena un uomo. Molti, invece, commettono questo errore, lo stesso che succede nell’attività di base quando gli allenatori propongono ai bambini il calcio degli adulti. Bisogna formarsi, crescere, conoscere, essere curiosi, e credere nel proprio lavoro, non allenare nel calcio femminile perché “è un ripiego”.
Ora lavori con l’Aic ma, l’associazione, come vede il mondo del calcio in rosa e cosa sta facendo per aiutarlo ad emergere e ad avere maggior risalto anche sui media?
“Damiano Tommasi, presidente dell’AIC, è una delle persone che più di ogni altra crede nella crescita del calcio femminile. Il Dipartimento femminile dell’AIC assiste, tutela e soprattutto informa le giocatrici. Grazie all’Aic sono stati raggiunti molti traguardi, e cito quelli presenti sul sito:
– L’assegno di liquidazione infortunio intestato direttamente alla calciatrice;
– L’abolizione graduale del vincolo a 25 anni;
– L’introduzione e la tutela dei rapporti economici, in base alla quale le società che non saldano le delibere della CAE riceveranno delle penalizzazioni a stagione in corso, o non verranno ammesse al campionato di competenza se la situazione di morosità persisterà oltre il 30 maggio di ciascuna stagione sportiva;
– Lo svincolo concordato di dicembre;
– La ripartizione dell’infortunio in nazionale al 50% tra giocatrice e club;
– La presenza a bordo campo dell’ambulanza durante le partite;
– Il gettone di presenza per le partite disputate con la maglia azzurra
Ma rituffiamoci nel personale e soprattutto cerchiamo di capire qual è stata la sua esperienza come calciatrice e quali difficoltà ha avuto e, soprattutto, come le hai risolte.
“Io ho iniziato a giocare a 10 anni, nella squadra del mio paese, in serie D. Non c’era il settore giovanile quindi i primi anni non ho mai giocato, poi è stata fatta una squadra Under 14. Dopo tre anni sono stata selezionata dal Bardolino Verona, e a 14 anni ho debuttato in serie A segnando anche gol. Ho giocato in altre squadre come Milan, Firenze e Reggiana. La squadra che più di ogni altra mi è rimasta nel cuore (Reggiana), con la quale ho vinto anche una Coppa Italia. Ho fatto anche un’esperienza in Canada. Quest’anno gioco a San Bonifacio, in serie B.
La sfida più grande è stata conciliare sport e scuola. Durante le superiori sono arrivata a fare anche tre mesi di assenza per la Nazionale. Però con una programmazione meticolosa dello studio e una forza di volontà che andava oltre tutto, sono riuscita ad essere promossa con eccellenti voti e a laurearmi a Bologna in Filosofia (mentre abitavo a Milano) e a Verona in Scienze Pedagogiche.
Ora che lavoro, è difficile arrivare lucida all’allenamento serale: oltre a farlo alle 20, dopo una giornata di lavoro, devo aggiungere alla stanchezza anche 50 chilometri di macchina. Questi sono problemi che le ragazze che giocano a calcio affrontano quotidianamente, cosa che ai colleghi maschi non succede. Però penso che l’amore smuova ogni cosa, e per me l’amore per questo sport ha sempre segnato tutta la mia vita.
Che consigli daresti ad un genitore o ad una ragazzina che volesse avvicinarsi al calcio: “Quando faccio calcio nelle scuole, vedo molte bambine brave e appassionate e chiedo loro perché non giocano nella squadra del paese. Purtroppo la risposta è quasi sempre la stessa: i miei genitori non vogliono. Ci sono ancora persone che si stupiscono quando dico che gioco a calcio, o addirittura che alleno. Il mio invito è di abbandonare ogni tipo di pregiudizio, perché non esistono sport da maschi o sport da femmina, esiste solo la passione per uno sport. Io ho iniziato a giocare a calcio per emulazione del mio idolo: mio fratello. Poi sono stata fortunata perché ho avuto dei genitori che hanno capito subito quale fosse la mia strada e il mio talento. In ogni bambino o bambina c’è nascosto un talento, perché non dar loro la possibilità di coltivarlo?

alfonso.pierro@libero.it

“A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” 
(Nelson Mandela).